martedì 1 settembre 2015

Il Fatto 1.9.15
Vendoliani al bivio Verso le prossime amministrative
Da Zedda a Doria, la carica dei sindaci che non può voltare le spalle a Matteo
di Paola Zanca


Che Dario Stefàno non sia  uno che parla a caso, dentro Sel, è chiaro a tutti. “Viene da una storia politica differente” è il giro di parole con cui ti indicano che, di quell’ex Margherita, c’è da fidarsi fino a un certo punto. L’altro giorno, Stefàno, ha confessato, in una intervista a Repubblica, di vivere un “profondo disagio” nel partito di Nichi Vendola.
CHE C’IMPORTA? Ci importa, perché il senatore Stefàno fa parte della pattuglia di 6 vendoliani che, sulla carta, non avrebbero dovuto votare le riforme targate Matteo Renzi. Lui insiste: così come sono non mi piacciono. Ma, con i numeri ballerini che il governo conta al Senato, anche un mezzo sì è già una notizia. Perchè Stefàno è a disagio e ci tiene a far sapere chenonèdasolo: “So per certo ha precisato sibillino ieri che condividono questa analisi politica anche sindaci come quello di Milano o di Cagliari”.
Il riferimento, per nulla casuale, è a due esperienze amministrative di successo: in entrambi i casi, il sindaco che vinse le primarie arrivava da Sel e la coalizione che tuttora lo sostiene ha come componente maggioritaria il Pd. La domanda è presto fatta: come si fa a ripresentarsi alle amministrative della primavera prossima insieme?Comesifaa dialogare nei Comuni e nelle Regioni con quel partito a cui si fa la guerra a Roma? E ancora: tentare per l’ennesima volta di ricostruire il centrosinistra vecchio stile o fare il salto nel vuoto con Fassina, Civati e compagnia?
IN SEL NON NEGANO che la questione sia ancora in altissimo mare. Perchè in Parlamento, i rapporti con Matteo Renzi e i democratici sono ai minimi storici. Ma sui territori, non è così.
Non lo è a Milano, dicevamo: Giuliano Pisapia ha già fatto sapere di non volersi ricandidare, eppure il coordinatore nazionale di Sel Nicola Fratoianni auspica
“continuità” con l’esperienza degli ultimi cinque anni. Già, ma con chi? Alcuni esponenti del partito di Vendola, compreso il capogruppo in consiglio comunale, per dire, hanno già pubblicamente sostenuto la candidatura di Pierfrancesco Majorino, assessore (Pd) alle Politiche sociali.
Non va meglio a Cagliari, dove regna Massimo Zedda, l’outsider che vinse le primarie nel 2010: a fine luglio, Pippo Civati si è presentato in Sardegna dicendo che non sosterrà il secondo mandato se Sel proseguirà l’accordo con i democratici. Apriti cielo: i vendoliani sardi si sono inferociti perché vogliono continuare a “correggere lo strabismo a destra del Pd”.
A Genova tira una brutta aria: il sindaco Marco Doria anche lui, all’epoca, vincitore a sorpresa delle primarie del centrosinistra è ai ferri corti con Sel, che gli rimprovera una cronica “mancanza di confronto”. A Roma, l’asse con il Pd e il sindaco Ignazio Marino si è rotto del tutto, dopo che il vicesindaco (Sel) Luigi Nieri ha deciso di dimettersi dal Campidoglio. A Bologna, non si naviga in acque migliori: il sindaco Virginio Merola non può pensare ad una ipotesi di ricandidatura senza Sel, ma gli stessi vendoliani hanno già fatto sapere che si stanno guardando intorno per vedere se “c’è qualcosa di meglio”.
ALLE ULTIME amministrative, la scelta di sostenere il Pd a regioni alternate (alleati in Veneto e Puglia, oppositori in Campania e Liguria) non ha portato bene al partito che si è fermato in posizioni tral’1eil4percento.Orail bivio si fa più serio. In Senato assicurano che quelli che vogliono rompere per sempre con il Pd sono la maggioranza. Ma poi, da soli, ammettono che la mano sul fuoco non ce la può mettere nessuno. “Abbiamo un ex capogruppo, Gennaro Migliore, che è diventato turborenziano: siamo pronti a veder succedere di tutto”.