mercoledì 9 settembre 2015

Corriere 9.9.15
Turchia, Libia: in 4 milioni si preparano a partire verso l’Europa
di Fiorenza Sarzanini


ROMA Gli Stati si attrezzano per un’emergenza che sarà lunga e complicata. Anche perché non riguarderà soltanto siriani ed eritrei, ma coinvolgerà altre nazionalità di cittadini in fuga. Stime precise non ci sono né potrebbero esserci visto che la situazione è in continua evoluzione. Ma gli indicatori parlano di almeno 4 milioni di persone determinate ad abbandonare i propri Paesi di origine e stabilirsi in altre aree dell’Europa. Profughi che si muovono via terra e via mare in un esodo che sembra non avere fine. E se l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati prevede che quest’anno «circa 400 mila persone giunte attraverso il Mediterraneo faranno richiesta d’asilo in Europa per arrivare a 450 mila nel 2016», i numeri forniti dalla Turchia spaventano i governi dell’Unione.
Nel gennaio scorso, dopo numerosi naufragi di pescherecci partiti dalle coste turche, i funzionari del Viminale hanno incontrato le autorità di Ankara per predisporre un piano di cooperazione che potesse impedire ai mezzi di salpare. Controlli nei porti, distruzione delle imbarcazioni, verifiche nei campi di prima accoglienza hanno consentito di bloccare o quantomeno ridurre il fenomeno. In quell’occasione si parlò di almeno un milione e 200 mila persone intenzionate a partire nel più breve tempo possibile. La Turchia chiese aiuto proprio per poter governare il flusso.
Situazione analoga si è registrata nello stesso periodo in Libia con circa un milione di persone accampate sulle spiagge e nelle zone del Nord, in attesa di trovare una barca dove salire per puntare poi verso l’Italia. In realtà noi siamo luogo di approdo, siriani ed eritrei vogliono andare in Germania, Austria, molti sognano gli Stati Uniti. Ma il trattato di Dublino li obbliga a rimanere lì dove sono entrati fino all’esito della procedura per la richiesta d’asilo e dunque trascorrono mesi nelle nostre strutture. Negli ultimi mesi la situazione è molto peggiorata. C’è un dato che fa capire bene quanto sta accadendo: lunedì in Macedonia, prima tappa balcanica della massa umana che tenta di raggiungere il territorio dell’Ue, c’è stato il record assoluto di arrivi dalla Siria, ben 7.000 in appena 24 ore.
Sono numeri che l’Italia ben conosce. Nelle scorse settimane ci sono stati sbarchi giornalieri di 5 mila persone, molti erano profughi, altri non hanno alcuna certezza di poter ottenere lo status di rifugiato. Però intraprendono il viaggio, rischiano consegnando agli scafisti tutto quello che hanno pur di poter sperare in una nuova esistenza. Il piano nazionale messo a punto dal Viminale per il 2015 parla di accoglienza per 120 mila posti. Una cifra che forse dovrà essere rivista, anche se il possibile accordo in sede europea potrebbe fornire un aiuto, seppur minimo.
La decisione di trasferire dall’Italia circa 40 mila migranti non prevede infatti che vadano via tutti insieme. Anzi. Nel piano si parla di distribuzione da terminare in due anni e se, come appare probabile, alcuni governi decideranno di opporsi e tenteranno di far fallire la possibile intesa, non è escluso che si sarà costretti a rivedere le cifre. Anche per questo si è deciso di reperire altri 20 mila posti, di continuare a fare da soli per non trovarsi poi a dover fronteggiare un’emergenza ancora più seria.