Corriere 8.9.15
La flotta cinese e il «passaggio innocente»
Cinque navi sfiorano le coste dell’Alaska
di Guido Santevecchi
PECHINO Spenti i riflettori sulla grande parata cinese del 3 settembre per la vittoria di settant’anni fa sul Giappone, restano accese fino a tardi le luci sulle mappe stese negli uffici operativi dei comandi navali, dal Giappone alle Filippine, fino agli Stati Uniti. Mentre sulla Tienanmen marciavano soldati e rullavano carri armati infatti, nel Mar di Bering cinque navi della flotta cinese passavano al largo delle coste dell’Alaska, scrutate dagli americani.
Proprio in quelle ore in Alaska era in visita il presidente Obama e quindi la missione della squadra navale cinese non sembra casuale. Oltretutto, conoscendo il sistema rigidamente centralizzato di comando e controllo delle forze armate di Pechino, la manovra non può non essere stata approvata al vertice, vale a dire dal capo dello Stato Xi Jinping, che presiede anche la Commissione militare. Un messaggio di potenza a due settimane dalla visita che Xi compirà alla Casa Bianca.
Non ci sono stati incidenti né proteste ufficiali da Washington, anche se il Pentagono ha rivelato che la flottiglia ha varcato il limite delle 12 miglia nautiche dall’Alaska, le acque territoriali americane. La Legge del Mare specifica che il transito di navi da guerra in acque di altri Paesi è consentito se le unità non conducono «attività minacciose». I cinesi si sono limitati a sfilare via in quello che in gergo si definisce «passaggio innocente». Pechino ha confermato, aggiungendo (ma gli americani già lo sapevano) che le cinque navi erano reduci da grandi manovre congiunte con i russi tenute a fine agosto al largo di Vladivostok e nel Mar del Giappone. I cinesi non avevano notificato agli americani la rotta delle loro navi: e anche questo non è richiesto dalla legge internazionale, ma Pechino esige di essere informata quando unità straniere transitano nelle sue acque territoriali. Un gioco di segnali e esibizione di forza, dunque.
Ma c’è di più. Gli ammiragli dell’Esercito di liberazione popolare stanno lavorando da anni alla costituzione di una flotta d’alto mare, dopo aver avuto a disposizione per decenni solo una numerosa armata di unità costiere. Ecco spiegate le manovre congiunte con la Marina russa, che in primavera hanno portato i cinesi fin dentro il Mediterraneo con tre navi.
La prima volta in quasi sei secoli che la flotta militare di Pechino si allontanò di migliaia di miglia dal Mar cinese fu nel 2008, quando partecipò nel Golfo di Aden a operazioni antipirateria; nel 2011 ci fu un ponte navale con la Libia, per evacuare gli operai cinesi dal Paese di Gheddafi in fiamme; nel 2012 è entrata in servizio la prima portaerei; nel 2013 per la prima volta un suo sottomarino nucleare è stato individuato nello Stretto di Malacca; nel 2014 il genio navale ha cominciato a costruire isole artificiali nel Mar cinese meridionale con moli per grandi unità e campi d’aviazione. Una nuova strategia di proiezione di forza lontano dal territorio cinese, dunque.
Resta da vedere quanto sia efficiente ed operativa la flotta di Pechino. Una sola portaerei, per di più riconvertita dopo essere stata acquistata dagli ucraini nel 2008, è poca cosa di fronte alla dozzina della US Navy. Ci vogliono anni per addestrare i piloti a manovrare operativamente dal ponte di una portaerei e quindi ai cinesi serve ancora molto tempo e altre unità più moderne (una seconda portaerei è in costruzione). Però, per dissuadere il Pentagono dal fare troppo affidamento sulla sua flotta, i cinesi hanno sviluppato un missile anti-nave, il Dong Feng 21D, con quasi 2.000 km di portata, che ha la capacità di paralizzare una portaerei con un solo strike. Il Dong Feng ha sfilato sulla Tienanmen la settimana scorsa. Ma sono le armi che non hanno partecipato alla parata quelle che preoccupano di più. Gli analisti militari, riferendosi all’arsenale celato alla vista, hanno definito la celebrazione sulla Tienanmen «uno show in bikini», che ha nascosto «il meglio».
Tornando alla flottiglia al largo dell’Alaska, ci sono esperti americani che comunque vedono un lato positivo nello sconfinamento cinese: «Hanno finalmente e implicitamente riconosciuto il principio del “passaggio innocente”», ha detto al Wall Street Journal Peter Dutton, docente dello U.S. Naval War College.
«Passaggio innocente» e «show in bikini», due espressioni che comunque definiscono movimenti di navi armate di cannoni e missili balistici.