sabato 5 settembre 2015

Corriere 5.9.15
Il caso La (quasi) first lady depressa e la cura con l’elettroshock
La campagna di Kitty Dukakis: «Quelle scariche mi hanno salvato»
di Maria Laura Rodotà


Quando la si vedeva nel 1988, alla convention di Atlanta, durante la campagna elettorale di suo marito Michael, cominciata bene e finita malissimo, i meno sensibili, cioè quasi tutti, pensavano non avesse giustamente voglia di diventare first lady. Negli incontri pubblici parlava a fatica, era sempre cupa, pareva arrabbiata. I meno sensibili avevano ragione. Kitty Dukakis non reggeva la pressione della campagna elettorale e andava a vodka. Lo staff del candidato democratico gliene lasciava una bottiglia in ogni stanza d’albergo. Ma non si rendevano conto, lo si cominciò a capire mesi dopo la sconfitta del governatore del Massachusetts e la vittoria di George Bush padre, quando lei si ricoverò per smettere di bere, che Kitty Dukakis era un altro genere di Prima dama, comunque rappresentativa. Di tutte le donne e gli uomini occidentali finiti nella trappola delle dipendenze multiple. Dei circoli viziosi depressione-psicofarmaci-alcol-disintossicazione-ricaduta (nel caso di Kitty D., circoli di seconda generazione, aveva cominciato rubando le pillole della mamma). E, a sorpresa per chi l’aveva conosciuta quando era una moglie zombie, assertiva dopo decenni di battaglie, efficacissima nel suo attivismo in favore dell’unico trattamento che, racconta, le abbia fatto bene.
Lei lo descrive e lo promuove, alcuni sono perplessi. Kitty Dukakis è oggi la più famosa testimonial americana dell’elettroshock. Lo ha provato per la prima volta nel 2001, sotto anestesia, dopo anni di malessere che resisteva ai «rehab», ai farmaci, alle psicoterapie. Dukakis ora dice «mi sono svegliata pensando a Qualcuno volò sul nido del cuculo , ma stavo benissimo».
«Mentre la riportavo a casa si ricordò che era il nostro anniversario e decise di andare a cena fuori. La sera prima era un caso disperato», ha raccontato suo marito a Politico . Che ha pubblicato un lungo articolo sul caso Dukakis e sul ritorno dell’elettroshock, stavolta su pazienti sedati. I medici che lo praticano dicono che l’80 per cento dei pazienti dopo una serie di 612 trattamenti vanno in remissione. E sarebbe «la più alta percentuale di remissioni di tutti i trattamenti per la depressione», ha detto a Politico Sarah Lisanby, direttore del dipartimento di psichiatria della Duke University.
Non si guarisce, però, non del tutto. Dopo qualche tempo, molti pazienti sono di nuovo depressi, riprendono con gli psicofarmaci o tornano a fare l’elettroshock. I medici che lo suggeriscono, a volte, raccomandano la lettura di Shock: The Healing Power of Electroconvulsive Therapy , uno dei due libri che ha scritto sul tema Kitty Dukakis. Che ne parla a incontri e convegni, che cura un sito, ecttreatment.org , che coordina un gruppo di supporto per pazienti e famiglie che si incontra a casa sua, fuori Boston.
Che, a vedere le foto dei gala di raccolta fondi pro elettroshock, sembra molto più contenta di quando faceva la moglie di governatore e l’aspirante ma neanche tanto first lady. Il marito dice «Kitty è molto più applaudita e popolare di me». Kitty fa un elettroshock ogni sei settimane, da anni. A dirlo così spaventa, i Dukakis lavorano perché venga usato di più e perché chi ha disturbi mentali venga accettato. E ripetono che grazie all’elettroshock ora vivono bene (lei ha 79 anni, lui 82).