Corriere 28.9.15
Javier Cercas
«Sono soltanto populisti mascherati. Ma ora serve un referendum»
intervista di Paolo Lepri
«Adesso serve un referendum vero, perché gli indipendentisti non hanno avuto la maggioranza dei voti», è la reazione di Javier Cercas alle elezioni che si sono svolte ieri in Catalogna. «Questi risultati sono un problema per la mia regione, per la Spagna e per l’Europa», dice al telefono da Parigi, dove si trova per una serie di conferenze e appuntamenti letterari legati all’uscita in Francia del suo ultimo libro L’Impostore . Ha votato per corrispondenza e non ha certamente scelto il fronte favorevole alla secessione. «Io non sono equidistante. Il principale responsabile di questa situazione assurda è il governo di Artur Mas che ha scelto una linea sbagliata nonostante la Catalogna abbia una autonomia straordinaria. In nessun’altra situazione esiste la quantità di potere che esiste da noi. Educazione, polizia, un’autonomia enorme che è stata utilizzata per propagandare l’indipendenza. È stata una mancanza di lealtà. Hanno utilizzato e utilizzano il denaro pubblico per arrivare all’obiettivo dell’indipendenza».
Perché la vittoria del fronte del sì è un problema?
«Non voler pagare i costi della crisi economica si chiama nazionalismo. È un errore. Ma quello che soprattutto non mi piace è quando si dice che la Catalogna andrà benissimo senza la Spagna e si nega il fatto che la Catalogna uscirebbe dall’Europa. Questo non è vero. Tutto il mondo lo sa. Un’indipendenza senza negoziato è impossibile. Esiste uno strumento per trovare una soluzione: è la legge che fu approvata in Quebec. Fu una rivoluzione giuridica e politica. Disgraziatamente questa soluzione non viene accettata né dal governo spagnolo né da quello catalano».
È preoccupato per le conseguenze in Europa di una svolta indipendentista in Catalogna?
«Certamente. L’Unione Europea è stata costruita contro il nazionalismo. Questa è stata la sua ragione di essere, perché il nazionalismo l’aveva distrutta. I leader indipendentisti dicono che è un nazionalismo diverso, pacifico ? Non è vero, perché il vecchio nazionalismo è nascosto dietro la “radicalità democratica” e dietro quest’idea di voler fare “un Paese migliore”. Ma qual è la garanzia di farlo veramente ? Non esiste. Abbiamo in Catalogna un altro populismo europeo. Cos’è il populismo ? Il populismo cerca sempre un nemico. Le Pen che dava tutta la colpa a Bruxelles, Grillo che ritiene la “casta”, responsabile di tutti i mali insieme all’Europa. L’indipendentismo catalano è diventato una forma di populismo: la colpa di tutto è degli altri, fuori della Spagna si starebbe meglio. E questo discorso semplicistico trionfa nei momenti di crisi».
Come vive personalmente la nuova situazione prodotta dal voto?
«Potrei dire di non essere indipendentista, ma “dipendentista” e “imperialista”. Sono per la dipendenza della Spagna dall’Europa, per la dissoluzione politica della Spagna in Europa. La mia aspirazione è quella di un’Europa veramente unita, confederale o federale, che abbia tutti i poteri. Un’Europa veramente democratica. Sono “imperialista” perché credo che l’Europa debba essere una sorta di “imperium” democratico, nel quale tutti lavoriamo per gli stessi obiettivi. Questa è l’unica utopia ragionevole oggi possibile. Non è un ossimoro. L’Europa è il grande progetto che abbiamo vissuto».