lunedì 28 settembre 2015

Corriere 28.9.15
Profughi ed emigranti. Come distinguerli
risponde Sergio Romano


In base a quali principi i migranti possono ottenere il diritto d’asilo? Esiste forse un elenco, stilato dalla Ue, dei Paesi i cui abitanti hanno quel diritto?
Natale Conti

Non sono del tutto convinto dalle sue risposte alle considerazioni di due lettori espresse recentemente sul Corriere in merito ai migranti siriani e dal vicino oriente. D’accordo che l’Europa e l’Italia hanno i loro problemi di nascite, lavoro e Inps, ma queste persone sono in gran parte giovani maschi che scappano dal loro Paese rinunciando a difenderlo, rinunciando altresì alle loro proprietà e lavoro; forse disertando da un esercito pur sempre (anche se odiato) regolare, ma neanche unendosi come partigiani a quelli che combattono il nemico o che resistono come i Curdi. I nostri ragazzi (e non solo i nostri) del 1943 dovettero fare ben altre scelte, ma ora ne godiamo ampiamente il sacrificio.
Giancarlo Caramanti

Cari lettori,
Non credo che esista una lista formale di luoghi pericolosi, certificata da una istituzione internazionale, che garantisca a chi vi abita il diritto di chiedere asilo in un altro Paese. Ma il presidente della Commissione di Bruxelles ha recentemente promesso una lista di Paesi «sicuri». La distinzione dovrebbe servire a impedire che i migranti sociali, alla ricerca di un lavoro, pretendano di essere stati costretti all’esilio da minacce inesistenti. Se questa lista verrà compilata, sarà più facile, in teoria, ridurre il numero dei migranti.
Ho scritto «in teoria» perché vi saranno sempre Paesi relativamente regolati e ordinati in cui alcuni gruppi etnici e religiosi sono vittime di minacce e discriminazioni. Aggiungo che il rimpatrio dei migranti sociali è un’operazione relativamente semplice se il numero delle persone da restituire è limitato. Ma se i numeri sono quelli della fase in cui viviamo, il rimpatrio è possibile soltanto se avviene con la collaborazione di chi dovrà accoglierli. Non possiamo limitarci a scaricare sulla banchina di un porto nord-africano coloro di cui vogliamo sbarazzarci. Dobbiamo cercare interlocutori con cui organizzare la loro sopravvivenza e dovremo non dimenticare, contemporaneamente, che alcuni Paesi della regione stanno facendo la loro parte con grande generosità. La Turchia ha accolto un milione e 700.000 rifugiati, il Libano un milione e 300.000, la Giordania un milione.
Alle sue osservazioni, caro Caramanti, rispondo che non è possibile applicare ad altri popoli e Paesi i precedenti della nostra storia. Le due maggiori guerre del Medio Oriente — il conflitto iracheno e quello siriano — non sono guerre nazionali, simili a quelle che sono state combattute in Europa nel secolo scorso con il forte coinvolgimento di alcuni importanti gruppi sociali — borghesia, proletariato, clero, intellettuali — tutti fortemente coinvolti, partecipi e capaci di forti reazioni collettive. Nelle immagini dei migranti in fuga, che la televisione ci trasmette ogni giorno, lei vede robusti ragazzi che dovrebbero restare a casa e combattere per la patria; mentre io vedo giovani che corrono il rischio di essere reclutati dal vincitore di turno, donne che cercano di sottrarsi a brutali violenze, bambini che non hanno scuole in cui studiare e cortili in cui giocare.