lunedì 28 settembre 2015

Corriere 28.9.15
Il ricordo «Quei mocassini in dono per dirgli: cammina con noi»
Castellina: votò per l’espulsione del gruppo del Manifesto, ma l’affetto non si è mai incrinato
di Giovanna Cavalli


ROMA «No, uno come lui non ci sarà più. Era un combattente, un leader. Però non ha mai pensato che rappresentare la maggioranza significasse avere sempre e comunque ragione. Pietro possedeva una dote umana rara: sapeva e amava ascoltare i pareri degli altri. Ti domandava sempre: ma tu come la vedi, tu che faresti?».
Luciana Castellina, 86 anni, ex deputata ed ex ingraiana, scrittrice, cofondatrice de il Manifesto risponde da Barcellona («Siamo qui in una fabbrica dismessa a seguire le elezioni catalane, oh, aspetti che devo tirare su una bambina che è scivolata correndo, ha un anno e mezzo: è la nipotina di Enrico Berlinguer»).
Una volta, una importante, siete stati quasi nemici. Nel 1969 il comitato centrale del Pci propose la sua radiazione, con il gruppo de il Manifesto: Natoli, Rossanda, Pintor, Magri. E Ingrao votò per il sì.
«Fu una rottura importante. Ce ne andammo. Pietro era convinto che bisognasse restare “nel gorgo”, non isolarsi dal grosso del popolo».
Avrebbe dovuto seguirvi?
«Impensabile, sarebbe stato un gesto troppo forte, noi invece eravamo giovani e con meno responsabilità».
Gli portò rancore per quell’esilio dal partito?
«Rancore mai. Ci furono momenti di freddezza, di tensione. Qualche anno più duro, poi un po’ alla volta ci siamo riavvicinati. L’amicizia, vera, non si è mai interrotta».
Vi siete ritrovati nella battaglia contro lo scioglimento del Pci. Riuniti dalla celebre Mozione 2 .
«Nel frattempo, dopo 15 anni, fallita la politica del compromesso storico, Berlinguer ci aveva invitato a rientrare. Perdemmo, si sa. Abbiamo poi condiviso le battaglie del movimento pacifista. Newsweek scrisse che eravamo la terza potenza mondiale. Forse non era vero e comunque non bastò».
Se va indietro nel tempo se lo ricorda quando.. .
«Quando io e Alfredo Reichlin ci sposammo e lui ci fece da testimone. Era il 1953, al Comune di Roma, officiava Aldo Natoli, ho ancora le foto. Pietro ci regalò un disegno di Guttuso, raffigurava una capra. Ce l’ha Alfredo da qualche parte».
Lei, per i suoi 50 anni, gli fece un presente particolare.
«Lui era molto sobrio nel vestire, portava solo scarpe con i lacci. Io e Sandro Curzi gli comprammo un paio di mocassini, non li aveva mai portati. Con un biglietto: “Cammina coi tempi, cammina con noi”».
E ne fu contento?
«Se li è messi tanto».
A marzo ne compì 100 e lei gli ha dedicato un lungo ricordo su « il manifesto» .
«Ci siamo visti fino a pochi mesi fa. Si parlava di politica. Era molto polemico con il Pd, con quello sguardo più lungo che hanno le persone anziane. Il suo dispiacere era che si fosse dispersa la grande forza del vecchio Pci».
Il nuovo che è avanzato non gli piaceva?
«No. Gli ingraiani erano i rinnovatori, ma questo è solo la reinvenzione della Dc».