domenica 20 settembre 2015

Corriere 20.9.15
Grecia alla prova del voto Tsipras: «Mi gioco la testa»
di Federico Fubini e Marco Imarisio


Urne aperte oggi in Grecia per le elezioni anticipate a seguito delle dimissioni di Alexis Tsipras da primo ministro. È la terza volta che i cittadini sono chiamati a votare in un anno, dopo le elezioni di gennaio e il referendum di luglio. La scommessa del leader di Syriza: «Mi gioco la testa». Il partito di Tsipras, infatti, rischia il sorpasso da parte dei conservatori.

ATENE «Qual è la vera posta in gioco?» Alexis Tsipras sembra quasi sorpreso dalla domanda. Il sorriso sulle labbra si increspa in una specie di smorfia. «La mia testa», risponde dandosi una manata sul capo. Ridono tutti, tranne lui, che saluta con gentilezza, stringe mani, posa per un paio di selfie e intanto risale verso la strada dove è atteso dalla scorta.
Il «Six Dogs» è un locale al centro di Monastiraki, il quartiere della movida ateniese, un bar dallo stile trasandato ma per finta, panche e sedie di legno in un bel giardino sormontato dalle facciate di palazzi fatiscenti. La visita di saluto ai ragazzi del movimento giovanile di Syriza non è certo una sorpresa, fu così anche prima del voto di gennaio, e anche la scaramanzia conta. Ma da allora sono cambiate molte cose, a cominciare da un entusiasmo evaporato con il brusco richiamo alla realtà del terzo memorandum.
Tsipras maschera la stanchezza aggirandosi per i tavoli, ne cambia uno ogni dieci minuti e ogni volta parla con la scioltezza di chi si sente a casa. L’ottovolante della sua prima esperienza di governo, la tensione di questi mesi cruciali per lui, la Grecia e l’Europa, hanno lasciato segni evidenti. Il girovita è diventato importante, l’herpes sul labbro lo accompagna ormai dalla fine dell’estate. «E’ ormai il mio portafortuna», scherza con i giovani che lo guardano con reverenza. Non è giorno di grandi dichiarazioni, vigilia delle urne e quindi silenzio elettorale da rispettare. Ma l’atmosfera informale consente qualche strappo alla regola. «Non rimpiangerò mai la scelta di aver convocato le elezioni. Era un passo necessario dopo tutto quel che è successo».
All’epoca il rischio sembrava calcolato con cura, ma di recente i conti sembravano non tornare più. «Vi stupite dei miei sorrisi, ma forse sono dovuti al fatto che non prendo sul serio i sondaggi», dice sornione. In realtà gli ultimi rilevamenti si sono nuovamente allineati al suo ottimismo ostentato, restituendogli quel vantaggio di 4-5 punti percentuali sui rivali di Nea Demokratia che sembrava perso nelle ultime settimane. Quando riconosce alcuni giornalisti italiani si lascia andare a una battuta niente male sull’adorazione che la sua figura attira oltre confine. «Se andassi alle elezioni in Italia probabilmente otterrei risultati migliori che qui in Grecia» .
E’ come se queste elezioni fossero il seguito scontato e non riuscito di un film con lo stesso protagonista, logorato dallo scorrere del tempo e dagli eventi. L’emotività dell’estate ha lasciato posto a una disillusione diffusa. A gennaio votò il 65 per cento della popolazione, oggi l’affluenza viene data in ribasso, come l’umore del Paese. All’estero queste elezioni sono percepite come una faccenda di politica interna che non prevede svolte epocali, dato che il vincitore dovrà comunque recitare il canovaccio imposto da Bruxelles. In Grecia somigliano a un referendum su Tsipras, sulla sua capacità di costruire una sinistra di governo e di farsi carico da sinistra degli oneri imposti dalla crisi e da Bruxelles.
«E’ l’unico ad avere coraggio in questo Paese». Eleftheria Angeli lo sussurra guardando l’uomo per il quale ha girato Atene e l’Attica , dieci ore al giorno per trenta giorni, gratis. Ha 25 anni, una laurea in Scienze e ancora fiducia nel futuro. «Certo, non è più come prima. Noi di Syriza ci siamo divisi, a luglio abbiamo perso una battaglia importante. Ma c’è ancora una guerra da combattere. E non possiamo lasciare la guida a chi c’era prima».
In una campagna elettorale giocata sulla contrapposizione tra il vecchio e un nuovo che forse non appare più tale, l’assenza più vistosa è stata proprio quella di Syriza, intesa come partito. La trasformazione di Tsipras non corrisponde a quella della sua creatura politica, ancora aggrappata a strutture e massimalismi del secolo scorso, con molti al suo interno ad augurarsi in segreto una sconfitta che consenta il ritorno alle origini barricadere. Anche per questo Tsipras non ha riso alla sua battuta sulla posta in gioco. Non era una facezia, era la verità.