giovedì 10 settembre 2015

Corriere 10.9.15
«Bicamerale» pd per cercare l’intesa sul nuovo Senato
Oggi primo vertice tra renziani e dissidenti. Speranza: tocca al premier aprire. E in Ncd cresce il fronte del no
di M. Gu.


ROMA Dopo settimane di pericoloso gioco del cerino, i litiganti del Pd si siederanno per la prima volta attorno a un tavolo e cercheranno una mediazione sulla riforma che spacca il partito e mette a rischio il governo.
L’apertura di Matteo Renzi, martedì sera all’assemblea con i senatori, ha prodotto un primo risultato concreto, una commissione bicamerale interna al Pd che si riunirà stamattina per la prima volta. Ne fanno parte la presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro, i capigruppo in commissione Doris Lo Moro (minoranza) ed Emanuele Fiano. E ancora, il presidente dei senatori Luigi Zanda, il presidente dei deputati Ettore Rosato, oltre a Giorgio Tonini e Barbara Pollastrini.
Qualcosa dunque si muove, come aveva auspicato Roberto Speranza con l’ennesimo appello alla ragionevolezza: «Un’apertura vera ancora non c’è, tocca a Renzi farla. Sediamoci attorno a un tavolo...». Ci hanno provato anche Lorenzo Guerini e Pier Luigi Bersani, ma il nuovo incontro tra il vice di Renzi e l’ex segretario non avrebbe prodotto l’intesa risolutiva, auspicata anche dalle senatrici della minoranza Gatti, Guerra e Dirindin: «Le funzioni del nuovo Senato, la sua composizione e le modalità di elezione previste nell’articolo 2 sono elementi strettamente connessi e vanno affrontati in modo coordinato».
Ma se i dem hanno ripreso a parlarsi, il governo dovrà lavorare non poco per far rientrare il dissenso sparso che aleggia nella maggioranza. L’epicentro delle tensioni è il Ncd, dove 10 o persino 15 senatori (Viceconte, Gentile, Colucci, D’Ascola, Esposito...) faranno pesare parecchio i loro voti. Lacerati tra chi guarda al Pd e chi vuol tornare all’ovile di Berlusconi, i senatori neocentristi hanno preso a far di conto per capire quante probabilità ha ciascuno di loro di rientrare in Parlamento al prossimo giro. Maldipancia che solo trattative e promesse sono in grado di placare. Per dirla con l’ex ministro Mario Mauro, il quale la riforma non la voterà, «il governo può condire i ricatti con molte offerte, ma io in Senato vedo tanti resistenti ben più rigidi dei renziani...». E così, anche se riuscisse a ricompattare il suo partito, il premier potrebbe perdere altri pezzi. «Io questa riforma non la voto», ribadisce Roberto Formigoni. Tra coloro che soffrono ci sono anche i senatori del gruppo Per le autonomie, che sostengono la maggioranza ma hanno presentato emendamenti simili a quelli della minoranza Pd Dello stesso gruppo fa parte la senatrice a vita Elena Cattaneo, la quale lo scorso anno si astenne per marcare la distanza da «un progetto tecnicamente pasticciato e frettoloso».
Per Gaetano Quagliariello, il quale ha smentito di aver partecipato alla riunione degli «arrabbiati» ncd, l’elezione diretta è un falso problema. Le modifiche che servono sono altre: «Se ci sono problemi riguardo alle garanzie bisogna potenziare i diritti e le prerogative delle opposizioni».