Repubblica 30.8.15
La forza nuda della democrazia
Si procede a tentoni, contando sulla buona sorte, il caso e gli errori dei carnefici
di Tahar Ben Jelloun
LA DEMOCRAZIA è davvero armata per lottare efficacemente contro il terrorismo? Possono bastare le sue leggi, i suoi principi, i suoi valori, le sue esigenze, a contrastare l’escalation dell’orrore?
POSSONO bastare a porre in condizioni di non nuocere chi è determinato a uccidere a casaccio, su un treno o per strada, in una redazione o in una fabbrica? I politici hanno usato parole forti. Hanno parlato di guerra. Sì, è una dichiarazione di guerra alla modernità, alla civiltà, alla cultura, alla pace. Una guerra senza volto. Il suo scopo è il terrore. Distruggere, seminare la paura, coltivare l’identificazione tra le sue stragi e una religione, ingigantire la confusione, aggregare le varie fonti di profitto – rapine, sequestri di persona a scopo di estorsione, narcotraffico e mercato nero del petrolio, commercio di donne e bambine vendute come schiave sessuali. E sedurre, ovunque nel mondo, i giovani, che incredibilmente accettano di scambiare il loro istinto di vita con un istinto di morte: la propria morte e quella altrui. Nessuna setta era riuscita a manipolare i suoi adepti fino a questo punto.
È vero: spesso in Italia la mafia ha approfittato delle garanzie della democrazia per sfuggire alle sentenze e alle condanne. Rispettando la presunzione di innocenza, lo stato di diritto garantisce gli stessi diritti ad aggressori e aggrediti, assassini e vittime. È un principio che non sopporta di essere messo in discussione, a meno di rinunciare alla civiltà per cedere alla barbarie che abbiamo di fronte.
Ai tempi di Felipe Gonzales la Spagna non sapeva più come lottare contro il terrorismo basco dell’Eta. Per contrastarlo, senza aspettare il benestare del governo, nel 1982 alcuni elementi della Guardia civil formarono i Gal (Gruppi anti- terroristi di liberazione); e la giovane democrazia spagnola si vide costretta a reagire contro questi «giustizieri» illegali. Il ministro dell’Interno fu giudicato e condannato. Oggi c’è chi torna a prospettare organizzazioni di questo tipo, richiamandosi a una nota espressione di Charles Pasqua: «Terrorizzare i terroristi».
Ma lo scopo di coloro che uccidono, sgozzano e distruggono tesori d’arte non è forse quello di risucchiare i Paesi civili nella loro visione del mondo, dominata dal Male assoluto, da un odio selvaggio e senza limiti?
L’Europa non ha né i mezzi, né la volontà di terrorizzare questi assassini; non è nelle sue tradizioni. Per fortuna. Ma su quel treno, senza il coraggio di alcuni passeggeri, El Khazzani avrebbe fatto un massacro. Allora come fare? Che fare?
Lasciamo da parte i discorsi, l’indignazione, le promesse, e vediamo cosa propone in concreto il governo. Di fatto, a meno di voltare le spalle alla legalità repubblicana e ignorare la Carta dei diritti umani, non c’è molto da fare. Certo, la vigilanza va rafforzata ovunque e a tutti i livelli.
I servizi di intelligence devono reperire le informazioni e comunicarle. Si fanno i controlli, si vigila, si aprono borse, si arresta chi ha il torto di avere un colorito non proprio bianco. Ma l’impressione è che si proceda a tentoni, contando sulla buona sorte, sul caso e sugli errori degli aspiranti carnefici.
La democrazia avrebbe bisogno di rafforzare le sue fondamenta e di guardare il mondo attraverso lenti nuove. Non siamo più ai tempi della guerra fredda, quando gli avversari si conoscevano e non si facevano sconti. Il nostro tempo è quello di Internet, dei video, di una propaganda temibile per la sua efficacia, studiata e impostata scientificamente.
Quel che resta è l’azione a lungo termine: l’educazione, la scuola. La lotta dovrebbe incominciare fin dalle elementari. Spiegare, rettificare, segnalare ai bambini e ai ragazzi ciò che un giorno potrebbe fuorviarli, allontanandoli dal diritto e dalla vita.
(Traduzione di Elisabetta Horvat)