domenica 30 agosto 2015

Repubblica 30.8.15
Dario Stefano, Sel
“Troppo disagio, pronto a lasciare Vendola”
Smarrita la rotta del centrosinistra, il partito di Fassina è un’operazione da ceto politico
Dario Stefano, presidente della giunta delle autorizzazioni al Senato. Ora potrebbe passare con la maggioranza
intervista di Giovanna Casadio


ROMA. «Profondo disagio di stare con Sel se si smarrisce la rotta del centrosinistra». Dario Stefano, il presidente della giunta delle autorizzazioni, è al passo d’addio.
Stefàno, sta per uscire da Sel?
«La mia casa è il centrosinistra ma ho timore che il partito non creda più nel progetto di coalizione, se pensa ad esempio di andare da sola un po’ ovunque alle amministrative prossime e di guardare, sempre per stare ad un esempio, a De Magistris come frontiera su cui misurare l’alternativa. Sono a disagio».
Non seguirà il partito di Vendola?
«La discussione non è chiusa, ma dal partito che mi ha candidato, a cui sono legato soprattutto per la esperienza di governo vissuta con Vendola, non sento la voglia di puntare a far rivivere la coalizione di centrosinistra. Renzi sta diventando un alibi per uno schema in cui la sinistra va per conto suo a prescindere, finendo col non essere una alternativa nemmeno alla destra populista e xenofoba che è il vero pericolo attuale in Europa».
Anche altri senatori vendoliani sono così a disagio?
«Diversi colleghi condividono la mia posizione, molti militanti mi chiedono “dove andiamo?”, e penso che anche i sindaci di Cagliari e Genova, potrebbero condividere questa mia politica ».
Non crede nella scommessa della nuova sinistra con Fassina, Civati, magari Landini?
«Credo che per noi sia un errore chiudere con la pagina del centrosinistra, che ha rappresentato una indiscutibile pagina di cambiamento in Puglia come a Milano o Cagliari. Non voglio rinunciare all’idea che un centrosinistra doc possa tornare a governare il paese. Perché diversamente disperdiamo una capacità di prospettiva. Una sinistra con Fassina, Civati, detta così, è un’operazione di ceto politico, non certo un progetto di popolo».
Però dà l’addio?
«Non esemplifichiamo troppo un punto che è tutto politico. Trovo comunque un errore quello di Vendola di assumere una posizione un po’ defilata. Tra tutti gli aspiranti leader del nuovo progetto di sinistra, Fassina, Civati o Landini, l’unico leader riconosciuto resta sempre Vendola».
Lei la riforma del Senato la voterà alla fine?
«Sulla riforma del Senato si parla ormai più per sostenere, a prescindere, le proprie tesi che nel merito delle cose. Quando gli stessi funzionari di Palazzo Madama definiscono il ddl Boschi una sorta di matassa informe, allora bisogna essere allarmati. È frustrante che la madre di tutte le riforme, quella costituzionale, non venga discussa in Parlamento ma altrove. Credo che il bicameralismo vada superato, ma senza storture istituzionali».