Corriere La Lettura 30.8.15
Aspettando il post partito che non c’è
Nuovi media e partecipazione, l’analisi di Paolo Mancini
di Antonio Carioti
Inutile rimpiangere l’epoca dei partiti di massa, ammonisce Paolo Mancini: non può tornare. Forze radicate sul territorio, capaci di aggregare vaste moltitudini e svolgere su di esse un ruolo pedagogico, erano il prodotto di condizioni sociali venute meno con lo sviluppo dei vecchi e nuovi media, ormai anche interattivi. Ed è parimenti inutile, prosegue il sociologo dell’Università di Perugia nel libro Il post partito (Il Mulino), tacciare indiscriminatamente di populismo i leader che puntano sul rapporto diretto con gli utenti della tv e del web. Ora le regole del gioco sono queste e bisogna adeguarsi, anche se comportano rischi di banalizzazione e caccia spregiudicata al consenso. D’altronde il tempo delle narrazioni ideologiche non era rose e fiori, con la Dc inamovibile dal potere grazie alla paura del comunismo e il Pci arroccato su posizioni lontane da una cultura di governo occidentale. Però non è detto che, come spera Mancini, le nuove forme di comunicazione favoriscano il coinvolgimento dei cittadini nella vita pubblica: il calo dell’affluenza alle urne è un segnale in direzione opposta. E poi c’è il problema di come adattare alla politica di oggi istituzioni pensate per un sistema dei partiti che non c’è più. Strutture di rappresentanza organizzata sono comunque necessarie, nota Mancini. Ma finora non siamo riusciti a ridefinirle: di qui la volatilità politica della transizione in cui l’Italia è immersa da oltre vent’anni.