lunedì 24 agosto 2015

Repubblica 24.8.15
Dario Fo
“Franca, ti sogno ancora ma tu fuggi sempre via”
A poco più di due anni dalla morte, Dario Fo rievoca la sua grande storia con la Rame “Persi la testa per lei solo guardando una foto. E per conquistarla finsi di ignorarla”
intervista di Simonetta Fiori


A teatro si conobbero, grazie al teatro si sono sposati e ritrovati. E al teatro lui ha affidato il saluto estremo, quello più difficile. Dario Fo e Franca Rame, tutto nella loro storia sembra evocare il teatro, ribalta di ogni magia. Anche questa casa delle vacanze a metà strada tra Cesena e Cesenatico, una sorta di wunderkammer zeppa di cavalletti, modelli di scena e sculture lignee. Porte che si aprono e si chiudono, un via vai di ragazzi. E al centro del proscenio naturalmente Fo, impegnato in mille cose: mostre di pittura a Pavia
e Verona, il lavoro sulla Callas che andrà in onda su Raiuno e un libro in uscita – Nuovo manuale minimo dell’attore (Chiarelettere) – che racconta molto anche di Franca, compagna di vita e di battaglie. «Franca è in tutto quello che faccio», dice Fo con un tono di voce più basso. Quando parla di lei, sembra deporre gli attrezzi di scena. Non più il giullare che ha rivoluzionato il teatro, il premio Nobel studiato nelle principali università del mondo. Soltanto un uomo dimezzato. «Lavoro esageratamente, ma Franca è il grande buco della mia vita. Anche nel sogno mi tormenta la sua assenza, il suo sparire ».
Se ne innamorò guardandola in una fotografia in bianco e nero.
«Sì, la prima volta la vidi in una foto a casa di sua madre. “Che bella”, dissi. “È mia sorella”, spiegò la Pia. “La vedrai presto”. Avevo firmato un contratto per la compagnia del marito. Ci saremmo trovati nello stesso spettacolo ».
Era di una bellezza sfolgorante.
«Soprattutto era diversa dalle ragazze che incontravo a teatro. Leggeva molto, autori italiani ma anche angloamericani. E sapeva di teatro più lei di tutti i registi che avevo conosciuto».
Era nata a teatro.
«Mi colpì un gesto della mano, che le avrei visto fare tante volte sulla scena. In trenta secondi coglieva l’umore del pubblico. E alzando il braccio ci diceva: date ritmo, incidete. Capiva quando gli spettatori andavano incalzati».
Le dava il ritmo anche nella vita?
«Ah, sì. Era molto diretta. Se doveva fare una critica la faceva senza chiedere il permesso».
Come l’ha corteggiata?
«Avevo capito che c’erano un sacco di pretendenti, ma io avevo poche possibilità. Ero stato appena licenziato, quindi fuori registro. L’unica cosa che potevo fare era mettermi da parte. Quando lei mi guardava sulla scena, anche a venti metri di distanza, io facevo il gioco di andare oltre con lo sguardo».
Fingeva di ignorarla. E funzionò.
«Una sera mi buttò sul muro e mi baciò. Il senso era: come ti permetti di non vedermi? Era libera da ogni convenzione, non si rifaceva ad alcun modello ».
Quanto ha contato l’ironia?
«Moltissimo. Tendeva a distruggere tutti i luoghi comuni, il banale, il risaputo. Naturalmente esercitava la satira anche con me. E se mi sfuggiva qualcosa di ovvio era rapida nell’infilzarmi».
Però dopo qualche tempo le vostre strade si separarono. E lei, Fo, pianse.
«No, non ho mai detto di aver pianto. Soffro ma non piango. Non mi ricordo di aver pianto da quando ero ragazzino ».
Come lo spiega?
«Mi sono trovato davanti a cose molto dure, durante gli anni della guerra. La Repubblica Sociale, la minaccia di portarmi in Germania, le ritorsioni su mio padre e mio fratello, le violenze, le stragi. Ho visto cose tremende».
Quanto l’ha aiutata Franca a sciogliere questo nodo?
«Mi ha trovato che il carattere era già fatto. Lei evitava soprattutto che io mi arrabbiassi. Non ne val la pena, mi diceva. Devi risolvere le cose con distacco, non con la forza della tua rabbia».
Quando succedeva?
«Abbiamo avuto una vita felice, ma anche molti problemi: aggressioni, ingiustizie, cattiverie fini a se stesse. E tanta censura. Ci facevano saltare le piazze, come si dice in gergo. Allora Franca era straordinaria».
Come reagiva?
«Lei era la saggezza. Avendo studiato architettura, mi vengono in mente i principi della dinamica: Franca riusciva a spostare i centri d’equilibrio. L’espressione tecnica è: fuori chiave. Una sua battuta fulminante, in un momento di tempesta: Dario, ma cosa stai a prendertela? Dopotutto è solo teatro».
Il teatro era la vostra vita.
«Appunto. Lei distruggeva l’enfasi, la retorica, come se ci fosse un bambino da salvare. Eh no, un bambino da salvare non ha pari. E allora vieni giù dal pero».
La faceva cadere spesso dal pero?
«Sì, il pero è un momento di giocosità infantile, non è il mondo».
È stata importante per contenere il narcisismo?
«No, non c’entra il narcisismo. Sono sempre stato umile».
Comunque una personalità forte con cui confrontarsi.
«Ma abbiamo fatto tutto in due. È una gran forza, vivere in due le difficoltà. E guadagnare in due, vincere in due».
Come avete vissuto in due la violenza sessuale subita da Franca?
«S’è salvata da sola, grazie al consiglio di un grande medico: tu devi raccontarla. Ora devi far capire cos’è il tuo mestiere, la sua forza. Perché tu hai pagato per la forza che ha il teatro. E ti hanno mortificata nel modo più infame. Puoi solo raccontarlo. Franca però faceva resistenza. Una sera ero con lei sulla scena, finito l’atto. E lei disse: “voglio raccontare qualcosa che con fatica ho rimandato indietro. Voi aiutatemi ascoltando”. Il pezzo durò venti minuti, il pubblico pietrificato».
E lei Fo come l’aiutò?
«Me ne andai via dalla scena, perché non potevo ascoltare».
E nel rapporto personale?
«Ho vissuto la disperazione come lei. No, non come lei, questo è impossibile. Posso solo dire: ho agito da essere umano, non da fantoccio».
Ai suoi funerali, lei ha recitato un pezzo bellissimo scritto da Franca.
“Dinanzi alla scelta posta dal Signore tra una vita eterna e una vita di amore e conoscenza, Eva sceglie senza esitazione amore e conoscenza. E un Adamo al principio titubante decide di seguirla”. È stato così anche nella vita: era Franca a indicare la strada?
«Abbiamo discusso sempre di ogni cosa. E il nostro contrasto era fondamentale per tutto quello che facevamo. Purtroppo quasi sempre avevo torto io. Franca intuiva le cose da lontano. Ascoltava, guardava. E difficilmente si sbagliava sulle persone».
In un libro-intervista lei ha detto: “Non siamo una coppia da manuale.
Forse ci siamo fatti un po’ di male ma non possiamo fare a meno l’uno dell’altro”. A cosa si riferiva?
«Mi riferivo alla difficoltà di sotterrare certi interessi. Quando si deve sacrificare qualcosa, fai male all’altro se non accetti di farlo, fai male a te per il bene dello stare insieme. E allora bisogna mandare giù il magone».
Fu memorabile una satira televisiva di Franca su Dario e le sue ragazze innamorate. Alla fine annunciò di volerla lasciare.
«L’appresi anche io dalla tv. Era già un mese che non ci si vedeva. Ricevetti una telefonata, lei mi parlò a lungo. Ma queste sono cose difficili da raccontare ».
Ebbe paura di perderla?
«Sì, certo. Ma tutto s’è risolto».
Venne fuori il suo carattere straordinario.
«Sì quello di Franca sì. L’intelligenza che ti impedisce di bruciare le cose in un rogo di vendetta e risentimento, che ti costringe ad analizzarle e a farle analizzare anche a me. Che mi fece dire: ma val la pena quello che sto facendo? La cosa meravigliosa è che siamo riusciti a superare momenti disastrosi, talvolta molto crudeli. La disperazione ci ha salvato».
Continua a sognarla ogni notte?
«Sì, sogni sempre diversi. La sogno da ragazza. O che uno spettacolo è saltato e studiamo una soluzione alternativa. Oppure mentre facciamo bellissimi viaggi, però poi non la trovo più. La cerco e Franca non c’è. Purtroppo funziona sempre così: Franca compare e poi nel finale sparisce. Un tormentone tragico che mi fa svegliare con dolore: già, Franca è morta».
Come le chiese di sposarla?
«Era un momento difficile a teatro. Franco Parenti non voleva tra i piedi la sua compagna, così cercava di allontanare dalla compagnia anche Franca. La portai in un bar vicino a Porta Romana, dove poi avremmo vissuto. “Dai, facciamo il punto”, dissi a Franca. “Loro vogliono farti fuori. E io ti sposo”».
E lei?
«Ha dovuto forzare molto per non piangere. Ci stavamo inventando la nostra vita insieme».
«Dario è un monumento, io il suo basamento »: era un suo modo di scherzare.
«Senza il basamento la statua resta a terra».