venerdì 21 agosto 2015

Repubblica 13.8.15
Dentro l’Unità.
Nella redazione del giornale fondato da Antonio Gramsci dopo lo scontro Staino-Cuperlo: “Non si poteva censurare Bobo”. Ma non tutti gradiscono il nuovo corso filo-premier
“Oggi Pravda di Renzi come ieri di Bersani però raccontiamo la sinistra di governo”
di Sebastiano Messina


ROMA . «Vuoi sapere perché ho pubblicato in prima pagina, con quel risalto, la lettera di Staino contro Cuperlo? Perché se vai in giro per le feste dell’Unità, come ho fatto io, sai che è esattamente quello che pensano tanti militanti del Pd: menatevi pure, datevele di santa ragione, ma ricordatevi che siete al governo. E che il partito deve restare unito». Erasmo D’Angelis, da 45 giorni direttore dell’Unità, non ha il minimo dubbio: quella lettera andava pubblicata, e pazienza se la minoranza del Pd l’ha presa male. «C’è venuto naturale metterla sul giornale, non ci siamo posti neanche il problema. Mica potevamo censurarla ».
Un bel colpo, per l’Unità, che si è ritrovata al centro del dibattito politico. Ma anche un botto forte come un tuono, dentro una redazione dove, mi sussurra un collega davanti all’ascensore, «cinque o sei stanno con Renzi, una dozzina con la minoranza dem e un’altra dozzina con Varoufakis».
Siamo al secondo piano di un palazzo di vetrocemento: dalla mitica sede di via dei Taurini – che all’ingresso esponeva la storica macchina linotype che aveva fuso in righe di piombo gli editoriali di Togliatti e le interviste di Berlinguer – il giornale fondato da Antonio Gramsci è finito ai Parioli. Una sede provvisoria, con le stanze dalle pareti bianche e senza poster, dove 29 giornalisti – età media sulla trentina – sono incollati davanti ai monitor da 27 pollici, tutti Mac, per chiudere in tempo il giornale.
Girando per le dodici stanze della redazione, si capisce subito che tutti vogliono remare per tenere a galla un giornale che stava per inabissarsi, ma anche che «la rotta turbo-renziana », come la definisce uno di loro, non ha affatto l’unanimità. Anzi. Ma per dar voce ai mugugni latenti bisogna fare un patto: niente nomi. «No, non c’è stato alcun dibattito sulla lettera di Staino, né prima né dopo» racconta un giornalista degli Interni. «L’abbiamo letta sul giornale, l’indomani» racconta una redattrice, secca. «Io mi chiedo solo – domanda retoricamente il suo dirimpettaio di scrivania – se queste cose ci fanno guadagnare copie: francamente non lo so». «Dalle nostre parti - aggiunge una collega dal piglio barricadero - si dice da sempre che i panni si lavano in Arno. Chi non lo fa è solo in cerca di protagonismo, non so se è chiaro…».
Ma ci sono anche campane che danno un altro suono: «Se un giornale come l’Unità non sta dentro il dibattito della sinistra che ci sta a fare?». «Qualcuno dice che siamo diventati la Pravda di Renzi? Beh, sai che novità: io lavoro all’Unità da 15 anni e ricordo che siamo sempre stati accusati di essere la Pravda di qualcuno: di D’Alema, di Veltroni, di Bersani…».
Nella sua stanza di tre metri per tre, con l’aria condizionata a palla «per tener lontane le zanzare», il caporedattore Marco Bucciantini ammette soddisfatto che «questa è stata una settimana esaltante, per il giornale, che con la lettera di Staino e la risposta di Cuperlo si è ritrovato al centro del dibattito politico». E racconta che in un solo giorno sono arrivate 400 lettere. Pro o contro Staino? «La gran parte gli dà ragione: la nostra gente non sopporta che il suo partito, quando sta al governo, si mette a litigare. Qualcuno invece dà ragione a Cuperlo: purché non si parli di scissione, precisano sempre alla fine». E tu, gli chiedo, come la pensi? «La penso spudoratamente come Staino. L’Italia ha bisogno dell’energia di Renzi. E poi quella lettera, a leggerla bene, era più cattiva con Renzi, “frutto amaro dei vostri errori”, che con la minoranza del Pd…».
Non dev’essere facile, nell’era di Facebook, dirigere un giornale che non si vergogna di definirsi governativo. «Ma io voglio spezzare un tabù» spiega D’Angelis. «Abbiamo alle spalle una sinistra che ha abbattuto due governi dell’Ulivo. Perché l’imprinting della sinistra è stare all’opposizione. Ma svegliarsi al governo è scoprire un mondo. Vuol dire fare i conti con la realtà, e talvolta accettare dei compromessi. E noi vogliamo accompagnare il Pd in questa trasformazione». Parole che fanno un certo effetto, pronunciate da un ex inviato del Manifesto. «Ecco, al Manifesto facevo l’inviato su tutti i fronti delle tragedie. E devo dire che noi giornalisti di sinistra siamo molto bravi a raccontare tutte le sfighe di questo mondo. Siamo molto meno bravi a raccontare le cose che cambiano in meglio».
A D’Angelis piace, dirigere l’Unità. E non si pente neanche un po’ di quel reportage a doppia pagina dedicato alla ministra Boschi, acclamata come una diva alle feste dell’Unità. «Lei è la più popolare, dopo Renzi: io ho raccontato quello che ho visto, punto». Il senatore Mucchetti ha commentato: siete come la Pravda di Cernenko… «Ho detto a Mucchetti: anziché vedere la politica dalla poltroncina del Senato, gira per le feste dell’Unità e senti cosa dicono quelle migliaia di volontari che trovi là. Poi ne riparliamo… ».