La Stampa 25.8.15
Ti ascolto dunque sei: l’arte di parlarsi con il cuore
Il nuovo libro dello psichiatra Eugenio Borgna spiega come salvare il bene minacciato della comunicazione: mettendosi in discussione
di Enzo Bianchi
La consapevolezza, ormai ampiamente acquisita dopo l’intuizione di McLuhan, che «il mezzo è il messaggio» ci induce a pensare e parlare di comunicazione solo a partire dai «mezzi», dai media, appunto, e non dalla realtà comunicata né ancor meno dalle persone che comunicano. Eppure, comunicare significa innanzitutto Parlarsi: così Eugenio Borgna ha voluto intitolare il suo ultimo libro (in uscita oggi da Einaudi, pp. 92, €11), dedicato alla «comunicazione perduta» o, meglio ancora, a quel dono salutare che è la comunicazione ritrovata.
«Sinonimo di cura»
Per ogni essere umano, la comunicazione può essere salutare, fonte di salute, «sinonimo di cura» come osserva Borgna, perché la qualità della vita dipende dalla qualità delle relazioni e, quindi, dalla qualità della comunicazione, a tutti i livelli in cui si svolge - con sé stessi, sul piano interpersonale, sociale, politico... - e con tutte le potenzialità racchiuse nel nostro corpo che la veicolano: dallo sguardo alle lacrime, dalle parole alle carezze, nel silenzio come nel dialogo cordiale… Non dimentichiamo che comunicare è anzitutto «donare», rendere comune, condiviso da altri, ciò che è proprio, disponendosi a propria volta a ricevere dall’altro. Dirsi è darsi, in un movimento mai unidirezionale, ma circolare, reciproco e interattivo fra partner che si scambiano segni e messaggi al fine di un’intesa, di un accordo cioè, letteralmente, di una sintonia di cuori. Tale scambio non può lasciare immutati: l’identità è modellata nella comunicazione, perché l’essere umano è comunicativo e nessun suo comportamento, lo voglia o meno, sfugge a questa legge.
La relazione umana
Con l’esperienza pluridecennale di psichiatra e con la grande capacità comunicativa che gli è propria, Borgna concatena pensieri che attraversano il tessuto della vita e, quindi, quell’intreccio di salute e di malattia, di solitudine e convivenza, di messaggi e di non detto che la compongono e la strutturano giorno dopo giorno. Non credo sia un caso che il libro sia senza indice strutturato: i pensieri si innestano l’uno nell’altro, si intrecciano, dialogano con la poesia e le scienze umane, a mo’ di brevi testi che finiscono per attrarre e convincere proprio grazie al nesso logico che le articola.
Così emerge con chiarezza come - nonostante potremmo illuderci di vivere una stagione favorevole alla comunicazione, perché i mezzi di cui disponiamo ce la fanno credere possibile sempre e ovunque - ci stiamo dimenticando che essenziale alla comunicazione è il contenuto e, soprattutto, la relazione umana e non solo virtuale con il destinatario, il quale poi non è mai semplice destinatario ma, a sua volta, «mittente» di nuovi messaggi. Comunicare allora si rivela essere un’arte, non una tecnica, e un’arte che esige umiltà.
Coscienza di un bisogno
La comunicazione infatti non nasce da un di più, da un troppo, da un pieno, bensì da un vuoto, dalla coscienza di una mancanza, di un bisogno: comunicare significa affermare il proprio bisogno dell’altro, riconoscere che siamo sempre debitori e dipendenti da altri per la nostra vita. Sa comunicare chi sa riconoscere come propria verità fondamentale la sua povertà ontologica. Forse anche per questo la riflessione di Borgna prende avvio da quelle esperienze fondamentali che ci insegnano chi siamo noi e chi sono gli altri, in sé stessi e per noi: tristezza, sofferenza, malattia, morte volontaria, ma anche solitudine - non sempre negativa - e poi tenerezza, felicità, speranza, desiderio di comunità... il tutto in un flusso ininterrotto in cui luci e ombre si intrecciano e danzano insieme.
Ma c’è un aspetto particolarmente interessante nelle pagine di Borgna: il non dissociare mai la comunicazione con gli altri da quella con sé stessi. Anzi, ancora più in profondità, si tratta di comunicare con «l’interiorità», sia nostra sia degli altri, cioè di riuscire a trasmettere, e a cogliere, ciò che arde nel cuore. Nel nostro cuore, di cui conosciamo così poco, e in quello degli altri, di cui possiamo sperare di cogliere qualche elemento solo con un ascolto attento. Se è vero infatti, come ricorda Il piccolo principe, che «si vede bene solo con il cuore», è altrettanto vero che solo con il cuore si ascolta bene. Si può discernere il non detto, il significato recondito di parole e messaggi solo se ci si «ac-corda», se si entra in sintonia con l’interiorità dell’altro. «Cor ad cor loquitur», il cuore parla al cuore: il motto di John Henry Newman è ancora attualissimo, non solo per il dialogo con Dio nella preghiera e nell’ascolto della sua parola, ma anche per il dialogo autentico tra due persone disposte a prestarsi ascolto reciprocamente. Il segreto più intimo di ciascuno permane sì inviolabile, eppure sappiamo per esperienza come si possa essere «un cuore solo e un’anima sola» nell’affrontare la vita.
«Solo chi è disposto a tutto - ammonisce Rilke citato da Borgna -, chi non esclude nulla, neanche la cosa più enigmatica, vivrà la relazione con un altro come qualcosa di vivente e attingerà sino al fondo la sua propria esistenza». Ecco perché comunicare non è parlare, ma parlarsi.