il manifesto 27.8.15
In marcia per Sacco & Vanzetti
1927-2015. Anche quest’anno Boston ha ricordato i due anarchici uccisi sulla sedia elettrica, tracciando un parallelo tra gli italiani di allora e gli immigrati di oggi. Perché la loro vicenda racchiude più lotte
di Luca Peretti
BOSTON Il 23 agosto del 1927 Sacco e Vanzetti furono uccisi sulla sedia elettrica nella prigione di un sobborgo di Boston. Da dieci anni, anche in questa grande città americana del nord est, si tiene una manifestazione che li ricorda e commemora. «Di solito siamo di più – racconta Sergio Reyes, uno degli organizzatori della giornata – probabilmente è il tempo». Il 23 agosto del 2015, domenica scorsa, si presenta infatti con una pioggerellina fitta e una nebbia bassa, decisamente non un invito a scendere in piazza.
Il concentramento della manifestazione è proprio nel centro della città, in quel Boston Common che è un grande parco pieno di storia, da accampamento dei soldati inglesi prima della rivoluzione fino alle proteste contro la guerra in Vietnam degli anni Sessanta, e dove si radunò anche la folla che in quell’agosto del 1927 tentò di farsi sentire una volta di più contro la condanna. Da qui partono anche i tour della città condotti da personale vestito come ai tempi della rivoluzione, che per tutta la giornata fanno un po’ da contraltare alla marcia di anarchici e militanti di varie sigle che propongono una storia non necessariamente “ufficializzata” dalle istituzioni.
La manifestazione infatti, organizzata oltre che dalla Sacco and Vanzetti Commemoration Society anche da altri gruppi come Black Rose, Encuentro5 e gli Industrial Workers of the World (i gloriosi Wobblies), si snoda per le vie del centro attraversando le strade della rivoluzione fino a concludersi nel cuore del North End, la zona italo-americana della città, sotto gli occhi confusi dei turisti e quelli sconcertati di qualche benpensante dal portafoglio pieno (questa è una delle zone più ricche del paese).
«Gli italiani di ieri – dice Reyes dal microfono davanti alla piccola folla che si è radunata – sono i latinos di oggi. Ecco perché anche se molti di noi non sono italiani o anarchici, è importante essere qui». Ed ecco perché il legame tra immigrazione di oggi e di allora deve essere così forte, anche grazie alla presenza, per la prima volta quest’anno, della Boston Banda de Paz El Salvador, una vivace ensemble di immigrati che accompagna il corteo. «Quest’anno è il decimo anno – racconta sempre Reyes –. È cominciata come iniziativa dei Young Anarchist, che sin dall’inizio hanno lavorato con i movimenti che si battono per i diritti dei lavoratori e dei migranti, in particolare della May day coalition. Il primo anno il corteo, composto da circa 2000 persone, è andato fino al cimitero di Forest Hill, dove Sacco e Vanzetti furono cremati. Poi l’anno dopo, nel 2007 per l’ottantesimo anniversario, siamo diventati una society, e da allora il corteo si tiene ogni anno intorno a questa data».
Quello di Sacco e Vanzetti è un caso emblematico, anche se all’epoca non mancarono molti altri casi di uccisioni di comunisti e anarchici italiani (come lo stesso Andrea Salsedo, amico dei due, “suicidato” dall’Fbi nel 1920), che qui anarchici hanno cominciato a volare dalle finestre ben prima di Pinelli.
Gli italiani, specie i meridionali, furono anche linciati al pari dei neri fino a pochi anni prima, come ha raccontato Enrico Deaglio nel suo recente libro Storia vera e terribile tra Sicilia e America, e una delle chiavi di lettura della vicenda dei due anarchici uccisi a Boston è proprio quella di vederla come una sorta di linciaggio istituzionalizzato, in un’epoca in cui gli Stati Uniti stavano finalmente cominciando a prendere coscienza di questa pratica brutale e fino ad allora ampiamente tollerata dalle autorità.
Ma quello di Sacco e Vanzetti è diventato un caso emblematico non solo per il clamore mediatico che suscitò allora e nei decenni a seguire, ma anche perché continua a intercettare una serie di tematiche assolutamente presenti nella società americana e no. «È una vicenda che racchiude una serie di lotte – continua Reyes – dalle lotte per i diritti degli immigrati, quanto mai attuali oggi negli Stati Uniti, a quelle contro la pena di morte (viene infatti ricordato dal palco che il Connecticut ha recentemente dichiarato incostituzionale questa pratica), fino a quella contro gli abusi degli apparati governativi. Da sempre la marcia ha queste caratteristiche».
Reyes racconta come dieci anni fa la manifestazione partì dal North End, proprio dalla strada dove si trovava l’impresa di pompe funebri che si occupò delle salme dei due e dove aveva sede il Sacco-Vanzetti Defense Committee «e proprio lì, dove si trovava il comitato, di recente abbiamo fatto mettere una targa».
Come molte Little Italy degli Stati Uniti anche questa è soprattutto una zona turistica dove si mettono in mostra (e soprattutto in vendita) scampoli di identità italiana. Una volta era molto diverso: «Sacco e Vanzetti venivano qui, avevano amici e compagni». Oggi invece le comunità italo-americane sono largamente conservatrici e poco interessate all’eredità dei militanti anarchici e comunisti dell’epoca: «Alcuni anni fa siamo riusciti a organizzare una lezione di Howard Zinn su Sacco e Vanzetti insieme alla Dante Alighieri Society, ma per il resto non c’è molto interesse da parte della comunità italo-americana».
Il quartiere, proprio in questi giorni, prepara le varie feste dei santi che si tengono in questo periodo, dove abbondano cibo fritto e italianità venduta un tot al chilo. Sui muri, targhe ricordano poliziotti italo-americani e membri di questa o quell’istituzione governativa, oltre ai caduti per le guerre della nuova patria. Una grande statua della gloria locale, il pugile Tony Demarco (ancora vivo e vegeto), campeggia all’ingresso del North End. «Il nostro obiettivo – conclude Reyes – sarebbe proprio quello di fare un monumento a Sacco e Vanzetti, qui nel quartiere».