venerdì 21 agosto 2015

Corriere 4.8.15
L’ascesa di Corbyn il rosso
Se il Labour diventa una Syriza in salsa british
Il plauso di Boris Il sindaco di Londra Boris Johnson: «E’ uomo di principi e di passioni»
Blairiani e sinistra tradizionale alleati tentano di bloccarlo
di Fabio Cavalera


Il metodo
Il meccanismo per l’elezione del nuovo leader del Partito laburista britannico è stato riformato nel febbraio del 2014. Da un complicato sistema con un triplice collegio elettorale, si è passati a un più semplice «one member, one vote » (un membro, un voto), per eleggere il nuovo leader. A ogni membro del partito o di alcune associazioni legate a esso spetta il diritto di scegliere il successore di Ed Miliband, dimessosi l’8 maggio dopo la sconfitta alle elezioni politiche I tempi: fino al 12 agosto ci si può iscrivere al partito o alle associazioni che danno diritto al voto. Dal 14 saranno recapitate le schede per scegliere uno dei quattro candidati: c’è tempo fino al mezzogiorno del prossimo 10 settembre. Due giorni dopo, saranno annunciati in un congresso speciale i risultati e il nuovo leader laburista. Il congresso annuale del partito si terrà dal 27 al 30 settembre a Brighton

LONDRA Che sul laburismo britannico spiri il vento di Syriza o di Podemos è stato Tony Blair a capirlo per primo. Il vecchio e contestato premier finge da anni di essere fuori dalle beghe del partito ma quando c’è di mezzo un passaggio delicato, come è la scelta del nuovo leader dopo il crollo del timido Ed Miliband, non è il tipo che si lascia trascinare nella contesa. Si butta a capofitto.
E allora, a metà luglio, quando i giochi sembravano volgere verso una disputa fra candidati blairiani di stretta fede centrista (la moderata Liz Kendall) e candidati un po’ meno blairiani ma non di esagerata deriva a sinistra (Andy Burnham e Yvette Cooper), Tony Blair, parlando ai militanti laburisti, ha sparato a zero contro l’outsider che è Jeremy Corbyn: «Se il vostro cuore è con Corbyn allora fatevi il trapianto». Raffinato politico, aveva già intuito che la storia del centrosinistra britannico è a un punto di svolta.
Il guaio per Tony Blair è che ogni volta che parla, nonostante il fascino non smarrito, i laburisti pronti a marciare in direzione opposta aumentano. E da luglio Jeremy Corbyn ha cominciato a sbancare fra i 400 mila iscritti che sceglieranno chi sarà la guida del partito nei prossimi cinque anni. Al punto che i sondaggi interni danno il sessantaseienne di Chippenham, ex sindacalista nel settore pubblico, favoritissimo nella corsa.
Che sia un modo per allarmare gli incerti o che sia un modo di esorcizzare il pericolo rosso, la realtà è che nel lessico inglese sono entrati due termini di ultimo conio: «corbynmania» (copyright del Financial Times ) e «corbynisti» (copyright dell’ Observer ) che derivano da «corbynismo», la versione britannica di Syriza e Podemos. Il laburismo è a rischio di una inaspettata mutazione.
Jeremy Corbyn non è un violento parolaio. Ha modi soft, è garbato. Non è neppure un pupazzo costruito dalle televisioni. Ha una storia immacolata, che gli riconoscono persino i tory, ed è una storia di militanza al servizio della causa. Soprattutto è uno che va controcorrente. Non ha paura a definire amici i palestinesi di Hamas. È deputato da 32 anni, sempre eletto nella circoscrizione di Islington Nord, e dal 1997, da quando il laburismo ha sterzato al centro, ha votato 500 volte ai Comuni contro le indicazioni del partito. Poi è un repubblicano a carati pieni. Guai a parlargli della regina. Un eretico. Ma rispettato.
Con un tale pedigree politico sarebbe scontato appiccicargli l’etichetta di ultimo rudere del sinistrismo radicale e schematico, così schematico da portarlo a dividersi dalla moglie perché lei voleva iscrivere i tre figli alle «grammar school», le scuole più selettive del Regno. Questi «vizi» di origine non li ha di certo cancellati. Ma li ha corretti. Prima con la tranquilla coerenza che ha sempre sfoggiato. Poi, da ultimo, sposando nuove tensioni sociali: il movimentismo ecologista e l’associazionismo del volontariato.
E ne è nato, spontaneo, un laburismo simile ma non uguale a fenomeni come Syriza o come Podemos. Con una carica di populismo gentile, il «corbynismo», che specie i giovani sottoscrivono. Il quotidiano conservatore Daily Telegraph ha riconosciuto: «È ben sintonizzato con le nuove generazioni».
Entrato senza favori nella competizione per la leadership sta mietendo successi con un programma che fa accapponare la pelle ai centristi: la rinazionalizzazione delle ferrovie e delle Poste (la Royal Mail), l’uscita dalla Nato, più tasse per i ricchi, più spesa pubblica, camera dei Lord elettiva, scetticismo europeo. Il bagaglio è pesantissimo però condiviso da molti laburisti.
Tony Blair e i suoi sono fuori dalla grazia di Dio. I moderati in fibrillazione. Ormai ci sono due partiti laburisti incompatibili, tenuti assieme unicamente dalle convenienze elettorali: Syriza o Podemos con bandiera britannica e gli eredi del New Labour blairiano che cercano di scongiurare la mutazione. Jeremy Corbyn non è un fantasma, è un candidato forte. Lo apprezza il popolarissimo sito internet per mamme Mumsnet : «È un uomo sexy». E lo apprezza il sindaco di Londra, Boris Johnson, tory: «Corbyn emerge in un campo pieno di oscillanti opportunisti. È uomo di principi e di passioni». Vinca o non vinca, onore delle armi .