giovedì 27 agosto 2015

Corriere 27.8.15
Cani e soldati sotto il Muro d’Ungheria
di Francesco Battistini


Inarrestabili Neanche il filo spinato ungherese ferma i migranti siriani, disposti a tutto pur di entrare dalla Serbia nell’Unione Europea. Budapest ha iniziato da tempo la costruzione di una barriera lunga 175 km per fermare il flusso sempre più corposo di persone in fuga dai conflitti in Medio Oriente (Reuters/Laszlo Balogh) Szeged è una piccola Lampedusa: ci sono afghani, curdi, siriani Ora anche prefetti, jeep e ufficiali Frontex

DAL NOSTRO INVIATO SZEGED (Ungheria) Il fiume, qualcuno pensi al fiume. «Stanotte ne sono arrivati venti a nuoto». E le cascine di Mòrahalom, chi le controlla? «Ci sono vecchietti che vivono isolati, col buio si sbarrano in casa e telefonano per ogni rumore». E poi bisogna trovare gente che parla inglese. E comprare il fieno per i cavalli delle guardie di confine. E magari tenere un po’ alla larga tutti questi giornalisti, via, sciò, i corridoi vanno lasciati liberi... A Szeged, fa ridere che il governo abbia deciso di farne adesso il quartier generale della guerra ai migranti. L’emergenza la maneggiano da mesi, qui. Sulla porta del municipio sventola una strana bandiera blu con la mezzaluna gialla (vi sarete mica già arresi al mamma li turchi? «Boh, è lì da anni...»), ma pochi hanno tempo per contemplare. Negli uffici si corre. Il sindaco non riceve. La sala operativa è da allestire: lunedì calano i prefetti da Budapest, s’è deciso che arriva la cavalleria, un corpo speciale di 2.106 poliziotti e poi altri 1.494, e si porta dietro i mezzosangue che galoppano veloci e i cani col fiuto buono e cinquanta ufficiali Frontex dell’Unione Europea e i gipponi blindati e gl’idranti e i rilevatori per le impronte digitali da piazzare ai sette valichi di frontiera con la Serbia...
«È evidente a tutti meno che alla sinistra — dice in Parlamento il capogruppo del premier Viktor Orbán — che questa situazione può trascinarci in un disastro sanitario, di sicurezza, amministrativo». Ergo: Budapest non s’accontenta del Muro e da settembre, probabile, manderà sul fronte meridionale pure l’esercito. Con licenza di fare qualunque cosa, meno che sparare.
Szeged è la Lampedusa d’Ungheria. I siriani ce l’hanno nella memory card, gli afghani nella memoria, i curdi sulle mappe di carta. Nessuno la conosceva: ora sanno tutti che è di qui che bisogna passare. C’è un parco che si chiama Europa, ma non sono lì i giardini del paradiso. Binario 1, Budapest, ore 4.36. Binario 2, Graz-Monaco di Baviera, ore 5.05. Ci s’attacca ai treni quand’è scuro. Ci sale chi è bravo. Oppure ha il braccialetto verde: il lasciapassare concesso dalle autorità, tre giorni per attraversare e abbandonare l’Ungheria. Chi resta a Szeged, va dai volontari di Migszol per un panino, un succo di frutta, un consiglio. «Nei campi profughi però no», dice l’unico africano d’un gruppo di siriani, Denis Ngouabi, 22 anni, congolese. Sa che in Macedonia o in Serbia può rimanere quanto vuole, tanto lì non è Ue, ma nei campi ungheresi gli prenderebbero le impronte e addio Germania: «L’asilo politico potrei chiederlo solo in Ungheria», e lui non vuole starci nell’Europa povera e magiara. A Röszke, all’alba di ieri han dovuto usare i lacrimogeni: la polizia chiedeva i polpastrelli a 200 migranti, è scoppiata una rivolta, lacrimogeni, botte, le immagini sono finite su Hir-tv e la spaventata Ungheria è diventata subito la spaventosa immagine di un’Europa inadeguata.
Oggi a Vienna si riuniscono i ministri d’ex Jugoslavia e Paesi vicini. Tutti quanti: un miracolo politico mai riuscito dalla pace di Dayton, raggiunto con la più grande emergenza umanitaria dai tempi delle guerre balcaniche. A Banja Luka, i servizi segreti dell’area si sono già incontrati: c’è un rapporto che teme infiltrazioni Isis, soprattutto in Serbia e Bosnia. «Non è un rischio da sottovalutare», dice il capo degli 007 di Sarajevo, Izet Nizam. Una deputata serba la butta sull’umorismo nero: la sporcizia etnica al posto della pulizia etnica, «perché non usiamo i migranti per ripopolare le zone ad alta denatalità?». Neanche fossero tornati gli Avari, invece, l’Ungheria è al panico. E non solo quella avara: la destra vuole cambiare perfino la Costituzione, carta bianca alle forze armate nella difesa dei confini, sapendo che l’opposizione può poco e che l’ultima volta, quando Orbán finanziò i 20 milioni d’euro per il Muro, alla marcia di protesta per le vie di Budapest c’erano 800 persone. «È da giugno che avvertiamo l’Ue di quel che succede qui — denuncia un ministro magiaro, Zoltán Balog —, da Bruxelles non ci hanno risposto nemmeno con un’email». E ora che hanno stanziato ben un milione e mezzo d’euro per sostenere Serbia e Macedonia? «Grazie, facciamo da noi».