Bersani richiama il lodo Mattarella: sulle riforme Renzi eviti forzature
L’ex leader: serve un equilibrio nel Pd
Paese bloccato 20 anni? Io al governo ho fatto tanto
di Francesco Alberti
REGGIO EMILIA « Sei bello, Pier!». Sempre popolare da queste parti l’uomo di Bettola, l’ex segretario ora punto di riferimento della minoranza dem. Abbronzato e sorridente, Pier Luigi Bersani stringe mani e prende applausi tra i ristoranti della Festa Reggio, consapevole che l’asticella dell’audience si è spostata dalla parte di Renzi (l’accoglienza ricevuta dal premier a metà agosto alla festa di Casalgrande, qui vicino, la dice lunga), ma non per questo rassegnato a non dare battaglia.
L’ha letta l’intervista al premier sul Corsera di ieri, una sorta di manifesto per l’autunno. E su molte cose non è d’accordo. A cominciare dalla citazione del premier della frase di Mao Tse Tung: «La rivoluzione non è un pranzo di gala». Bersani sorride: «Di Mao preferisco ricordare la frase “Servire il popolo”… Capisco la determinazione di Renzi, ma noi faremo valere le nostre ragioni». Rotture? Scissione? «Mai, mai e poi mai…». Lo ripete tre volte, a scanso di equivoci.
Eppure il premier ha fatto capire di voler marciare come un trattore sulla riforma del Senato, ventilando anche l’ipotesi di forzature. Bersani si fa serio, ma lascia aperta una possibilità d’intesa: «Non vedo il motivo di forzature: in nessun Paese i governi fanno le Costituzioni. Si può lavorare per trovare un punto di equilibrio come è avvenuto per l’elezione di Mattarella e per questo invito l’esecutivo ad avere un atteggiamento più flessibile, lasciando margini di lavoro al Parlamento». Facile sulla carta, ma c’è da fare i conti anche con l’eventualità di una sponda da parte di Verdini e dei suoi. «Verdini faccia quello che vuole, non mi interessa — replica gelido l’ex segretario a David Marceddu della tv de Il Fatto quotidiano —, resto dell’idea che chi è al vertice di un partito ha l’obbligo di cercare una sintesi tra le varie sensibilità».
Serata bollente e di zanzare. Non c’è una sedia libera nel tendone centrale. Bersani sventola dal palco un fazzoletto rosso e non fa sconti al premier. Attacca «il micidiale mix tra riforma elettorale e riforma del Senato». Riconosce che «Renzi è il meglio che c’è rispetto a Grillo e agli altri», ma aggiunge: «Attenti, l’uomo solo al comando diventa spesso strumento di chi ha i soldi e di chi controlla l’informazione». E al capo del governo, nonché segretario, che liquida l’antiberlusconismo, replica secco: «Se non ricordo male, i governi dell’Ulivo, di cui ho fatto parte, di riforme ne hanno fatte, eccome. Mi pare che il giudizio del premier sia a dir poco ingeneroso».
Fin troppo generose, fa invece capire Bersani con un sorrisetto ironico, sono le promesse di Renzi sull’abolizione di Imu e Tasi. Le voterete, voi della minoranza dem? «Quando arriveranno, sì, quando arriveranno però…», è la sibillina risposta. Con una precisazione importante: «Ridurre le tasse è l’obiettivo di tutti, a patto però di non favorire i ceti più benestanti rispetto ai più poveri: questo, no, non lo accetteremo mai, tradiremmo noi stessi».