giovedì 9 luglio 2015

Repubblica 9.7.15
10, 100, 1000 vecchiaie
Dalla forza all’equilibrio, dalla reattività alla salute: gli anni non passano per tutti nello stesso modo
Uno studio della Duke University ha misurato le differenze tra età anagrafica e biologica su mille volontari
Obiettivo: contribuire a decifrare il mistero della longevità e riuscire a rallentare lo scorrere del tempo. Che è anche diverso fra le parti del corpo
di Elena Dusi


IL tempo non è uguale per tutti. Su alcuni un anno passa senza lasciare tracce. Per altri invece equivale a tre anni. E se ai mille volontari arruolati dalla Duke University per uno studio sulla longevità l’anagrafe attribuisce unanimemente 38 anni, la biologia assegna invece un range di età compreso fra i 28 e i 61 anni.
Che alcune persone ingrigiscano più di altre è evidente a occhio nudo. Ma perché questo avviene, e quali sono le previsioni sulla longevità che se ne possono elaborare, restano in parte dei misteri da decifrare. Alla Duke University, nello studio appena pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences , hanno scelto una strategia tradizionale rispetto ad altre più innovative sviluppate ultimamente. Hanno sottoposto i loro mille volontari a una batteria di 18 test: dalla forza della mano all’equilibrio su un piede solo, dai quiz di intelligenza alla salute delle gengive, dalla capacità respiratoria agli esami di sangue, fegato e cuore. Assegnando un punteggio a ciascun test, i ricercatori guidati da Dan Belsky hanno calcolato l’età biologica dei loro volontari e l’hanno confrontata con l’età anagrafica, trovando discrepanze anche di 23 anni. Ma se lo studio della Duke ha il vantaggio di far capire che l’invecchiamento inizia da giovani e che già prima dei 40 anni le sue impronte sono osservabili nei tessuti del corpo, la ricerca di strumenti efficaci per misurarne la velocità ha bisogno di ben altre frecce nel suo arco. Dal momento che il tempo all’interno del nostro corpo non scorre sempre uguale, occorre trovare un orologio capace di misurarne il ticchettio in ogni singolo individuo con la massima precisione. E su questo la scienza della longevità sta investendo oggi le sue energie migliori.
«Capire perché alcune persone sembrano più anziane della loro età non è solo una banale curiosità. Ci permette di penetrare nei meccanismi biologici profondi dell’invecchiamento» spiega Claudio Franceschi dell’università di Bologna, pioniere degli studi sui centenari nel nostro paese, coordinatore del progetto europeo Nu-Age su cibo e invecchiamento e referente per l’Italia di quello Mark-Age, che ha l’obiettivo di trovare un marcatore dell’età biologica per capire se sta procedendo più rapidamente o più lentamente rispetto a quella anagrafica.
«I nuovi strumenti - prosegue Franceschi - misurano la conformazione spaziale della doppia elica del Dna, gli zuccheri che si legano ad alcune proteine del nostro corpo, i prodotti del metabolismo che finiscono nel plasma e nelle urine e perfino il sequenziamento del genoma dei trilioni di batteri che vivono dentro di noi, soprattutto nell’intestino».
Usando questi marcatori su individui anziani, ma non solo, si sono fatte scoperte sorprendenti. «Non solo alcuni individui invecchiano più rapidamente di altri. Anche all’interno di uno stesso individuo ci sono tessuti che invecchiano più di altri » spiega Steve Horvath, il genetista e bioinformatico dell’università della California a Los Angeles che nel 2013 ha rivoluzionato il settore dei marcatori dell’età biologica. «Il cervelletto per esempio è la parte più giovane del corpo. Studiando trenta diversi tessuti di sei centenari abbiamo trovato che questa parte del cervello invecchia lentamente. L’obesità invece accelera l’orologio biologico di un organo come il fegato. L’infezione dell’Hiv aumenta significativamente l’età di cervello e sangue, così come la sindrome di Down». Quest’ultimo studio è stato condotto da Horvath in collaborazione con Franceschi.
Fra le altre scoperte, le cellule del cancro hanno un’età biologica di alcuni decenni superiore rispetto ai tessuti sani. Il seno e le ossa sono fra gli organi più “consumati”, il cuore fra i più “freschi”. Le cellule staminali, essendo abbondanti negli embrioni nelle prime fasi di sviluppo, sono ferme a pochi ticchettii anche quando si trovano in un individuo adulto. L’orologio dell’età biologica scoperto da Horvath quasi per caso ha una precisione vicina al 100% nella misurazione del grado di invecchiamento dei tessuti del corpo. Senza che nessuno abbia ancora capito perché, le cellule di un individuo riportano impressa nel loro Dna l’età dell’individuo anche quando si sono formate da pochi giorni o da poche ore.
La doppia elica del Dna - è il punto di partenza della scoperta- può essere lunga fino a 5 centimetri e per trovare spazio all’interno del nucleo di una cellula ( pochi micrometri) è avvolta su se stessa secondo geometrie molto complicate. In alcuni punti ben precisi del gomitolo a volte si legano alcune molecole chiamate in gergo tecnico “gruppi metili”. «Nessuno ne conosce il motivo, ma il livello di metilazione del Dna è in grado di marcare con precisione l’età biologica dell’individuo cui quella cellula appartiene» spiega Franceschi. Tanto preciso - e inspiegabile - è il meccanismo scoperto da Horvath che all’inizio quasi tutte le riviste scientifiche ne rifiutarono la pubblicazione. Solo quando lo scienziato mise gratuitamente a disposizione dei suoi colleghi il metodo tutti si accorsero della sua efficacia.
Oltre che ai biologi, l’”orologio della metilazione” di Horvath promette di dare soddisfazioni anche ai detective. Ma per il momento queste scoperte lasciano ancora in sospeso una domanda. Ora che abbiamo un metro per misurare l’invecchiamento, come possiamo fare a rallentarlo? «Con il nuovo strumento possiamo misurare l’efficacia delle nostre tecniche anti- invecchiamento, dalla dieta mediterranea all’esercizio fisico. Questo è uno degli obiettivi del progetto Nu-Age».
Oltre all’orologio epigenetico di Horvath, altri metodi per misurare l’età biologica consistono nel contare gli zuccheri N-glicani: molecole di zucchero legate ad alcune proteine del nostro organismo che potrebbero indicare uno stato di infiammazione dei tessuti. Anche in questo caso le osservazioni iniziali degli scienziati sono avvenute per caso e non è per nulla chiaro se le alterazioni chimiche che misurano l’età biologica siano causa o effetto dell’invecchiamento. «È perfettamente chiaro però - spiega Franceschi - che malattie diverse come diabete, demenza o tumori condividono meccanismi di base simili. Tutte hanno lo stesso fattore di rischio: l’invecchiamento. Evidentemente con il passare del tempo nel nostro organismo si guastano dei meccanismi fondamentali. E le malattie ne sono la conseguenza.