Repubblica 15.7.15
L’ira di Netanyahu: “State facendo un errore, Israele si difenderà”
Telefonata incandescente del premier alla Casa Bianca: “Ora il mondo è meno sicuro,Teheran si costruirà l’atomica”
Laburisti e centristi sulla stessa linea
di Fabio Scuto
GERUSALEMME. La fumata bianca ai negoziati a Vienna lascia Benjamin Netanyahu furioso, perché l’Occidente si è arreso all’Asse del Male «con un errore storico scioccante, che rende da oggi il mondo meno sicuro». Com’è nel suo stile, il premier israeliano non ha usato mezzi termini nella telefonata che ha avuto ieri sera con il presidente Usa Barack Obama. Una conversazione “incandescente” di quasi mezzora, che ha lasciato però ognuno della sua opinione. La cecità dell’Occidente consentirà a Teheran di dotarsi presto di una bomba nucleare e l’Iran — secondo Israele — resta sempre un paese oscuro, pericoloso e sovversivo. Per questo, come ha spiegato Netanyahu in una fremente conferenza stampa prima di infilarsi in un vertice del Consiglio di Difesa, «Israele non è legato a questo accordo, l’Iran continua a perseguire la nostra distruzione. Noi ci difenderemo». Perché «in un decennio questo accordo ci darà un regime terrorista più ricco e più ostinato con l’intenzione di portare a termine il proprio arsenale nucleare. Le maggiori potenze mondiali hanno fatto un’intesa con il principale sponsor del terrorismo internazionale». Con l’eccezione della Lista araba unita, le altre forze politiche della Knesset — destra, centro, sinistra — sono con Netanyahu. Secondo il centrista Yair Lapid, «la leadership iraniana si basa sull’inganno», per il laburista Yitzhak Herzog si apre «un’era pericolosa nella nostra regione ». Sulla stessa linea l’ex ministro degli Esteri Tzipi Livni: «Togliere l’embargo sugli armamenti dà all’Iran una licenza di uccidere ».
Netanyahu adesso punta tutto sul Congresso Usa, dominato dallo scetticismo dei repubblicani, nella speranza di spuntare un veto. Ma l’intesa non porta solo la firma americana, ma anche tedesca, francese, inglese, cinese e russa. «Netanyahu sta conducendo una battaglia persa», commentava ieri sera Amir Oren di Haaretz , «non la spunterà con gli americani, né con le altre 5 potenze, e oggi sarebbe praticamente impossibile trovare un accordo nel Consiglio di sicurezza Onu per reintrodurre le sanzioni contro l’Iran». Gli aggettivi usati dal premier fanno pensare più a una frustrazione personale che non politica. «La politica diplomatica che ha promosso, per quanto riguarda il problema iraniano che lui steso ha definito come il più importante per sé e per il suo popolo, è andato in pezzi», dice ancora Oren, «il mondo intero è contro di lui, a parte l’Arabia Saudita. Una compagnia un po’ ristretta».
Sul pericolo iraniano Netanyahu ha basato tutta la sua politica estera. Due anni fa, sei mesi prima che i negoziati venissero avviati a Losanna, Il premier ordinò al suo ministro della Difesa di tenere in stato di massima allerta quasi tutta la forza aerea di Israele, i caccia F-16 si allenavano sul Mediterraneo per simulare un attacco ai siti nucleari iraniani. L’attacco sembrava imminente mentre alla popolazione venivano distribuite le maschere anti-gas in caso rappresaglia iraniana. Costò un enormità alle casse di Israele — 1 miliardo di dollari — tenere in piedi quell’operazione solo per premere sull’opinione pubblica internazionale. Perché, come ha spiegato più di un comandante militare al premier, per l’Iran non esiste alcuna opzione militare, né israeliana né americana, perché nessuna operazione militare è efficace senza stivali sul terreno, senza un’invasione, non basta un attacco aereo. E poi quali drammatici scenari si aprirebbero in Medio Oriente nel day after ?
Per questo sono più equilibrati i commenti degli analisti militari. Riconoscono che grazie all’accordo di Vienna i progetti nucleari iraniani subiranno un arretramento. Un possibile “balzo” verso l’atomica richiederà non più due-tre mesi ma almeno un anno. E comunque per i prossimi dieci anni i programmi nucleari di Teheran, grazie all’intesa di Vienna, dovrebbero ristagnare.