sabato 4 luglio 2015

La Stampa TuttoLibri 4.7.15
“Ho fatto bei sogni anche con Jung”
“Pubblicare il suo “Libro rosso” è stata l’emozione più grande” Il marchio compie 10 anni, 14 mila titoli, 140 milioni di copie
intervista di Mirella Serri


Ama andarsene a spasso in bicicletta ma ancor di più gli pace il footing mattutino: però, interruzioni a parte, Stefano Mauri, classe 1961, le sue 10 ore di lavoro quotidiano se le fa tutte e le trascorre in via Gherardini. In quella strada tranquilla del centro di Milano c’è la sede del gruppo che i concorrenti definiscono il terzo incomodo tra Mondadori e Rizzoli, ovvero la GeMS, il gran veliero Mauri-Spagnol che oggi tallona da vicino le corazzate dell’editoria (in attesa della fusione Rizzoli-Mondadori). Figlio d’arte di Giovanna e Luciano Mauri, patron delle Messaggerie italiane distributrici della carta stampata, Stefano è entrato 27 enne nella Longanesi di Mario Spagnol per dar vita all’ufficio marketing. Da quel momento non si è mai fermato e con lui la casa editrice che all’epoca deteneva una quota di mercato del 2 per cento: correndo, correndo, anche dal punto di vista del fatturato, con un altro avventuroso imprenditore, Luigi Spagnol, Mauri, ha dato vita alla GeMS. Il gruppo, oggi composto da 18 marchi, a ottobre festeggia i suoi primi dieci anni di vita durante i quali ha sfornato quasi 14 mila titoli, venduto 140 milioni di copie, due milioni circa di e-book e versato più di 150 milioni di diritti.
Mauri, in quanto presidente di GeMS, qual è il bilancio di questa decennale avventura?
«Sono stati anni di grandi cambiamenti del mercato e di conseguenza di grande fervore da parte nostra: basti pensare che abbiamo fondato Chiarelettere, ci siamo opposti con tutte le nostre forze a un disegno di legge sulle intercettazioni di stampo autoritario e illiberale, abbiamo fondato Edigita per aprire le porte alla richiesta di alternativa digitale, abbiamo inventato il torneo letterario “Io scrittore” per interagire con la domanda di democrazia che viene dalla rete. E poi abbiamo rilanciato l’editrice Bollati Boringhieri e incluso nel nostro progetto la Coccinella per il crescente peso del mercato dei ragazzi».
I vostri fiori all’occhiello, gli scoop del gruppo?
«La lista è lunga ma certamente Vaticano S.p.A. di Gianluigi Nuzzi ha contribuito a cambiare il mondo e la Storia con la “S” maiuscola, in meglio direi, e il Vaticano ha reagito con una rivoluzione senza precedenti; Donato Carrisi ha reinventato il thriller in un momento di crisi del genere; Fai bei sogni di Massimo Gramellini è il romanzo più venduto da quando è uscito, e Avrò cura di te, scritto a quattro mani con Chiara Gamberale, è ancora in classifica a sette mesi dalla sua apparizione. Il libro rosso di Jung è il libro che più ci ha emozionato pubblicare».
Per rimanere ancora nella metafora vegetale: quale, invece, «il fiore che non colsi»? Ovvero le occasioni perdute dal punto di vista editoriale?
«A Francoforte avevamo fatto una offerta per Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson, ma Marsilio in quella occasione ha offerto di più. Purtroppo Roberto Saviano e Paolo Giordano non ci sono stati proposti ma certamente saremmo stati orgogliosi di pubblicarli. A dire il vero la lista dei desideri, per qualsiasi editore, è molto lunga. Anche Mary Poppins, che completerebbe la backlist Salani di classici moderni ci piacerebbe».
A proposito di desideri: ha mai rubato un autore a un concorrente?
«Gli scrittori ci piace scoprirli e costruirli, ma, come per esempio con Vito Mancuso, siamo lieti di accogliere richieste di asilo. Pochissimi gli autori che negli ultimi dieci anni ci hanno lasciato, per poi vendere mediamente la metà. Soprattutto combattiamo con gli altri editori italiani per aggiudicarci nuove voci da tutto il mondo. E lì conta quanto si offre, quanto in fretta si offre e con quanta passione lo si fa. Certamente ogni mezzo è buono per aggiudicarsi il libro, tranne quello di violare un giusto accordo già intervenuto, sia esso un contratto già firmato o no. Ma è anche gratificante poter pubblicare ancora, dopo 35 anni, i bestseller di Wilbur Smith: proprio in questi giorni sto leggendo la sua ultima fatica, un felice ritorno alla saga dei Courtney. Ed è anche appagante e gratificante poter pubblicare il nuovo, fondamentale romanzo di Claudio Magris che, trent’anni dopo Danubio, coglie il senso più profondo, in un certo senso anche beffardo e maledetto, della vicenda umana. E’ atteso proprio a ottobre, quando cade il nostro decimo anniversario che festeggeremo insieme a Francoforte».
Come ci si prende cura di un narratore? E, viceversa, come ci si difende dai suoi capricci?
«A volte romanzieri e saggisti sono votati solo alla scrittura altre volte invece hanno un filo diretto con il proprio pubblico, spesso attraverso internet, e sanno meglio di noi come farsi capire. Dietro ai così detti capricci spesso c’è una solida motivazione anche se non ovvia. Gli scrittori vanno presi sul serio, sono i maggiori esperti del proprio percorso».
Negli ultimi anni vi siete avviati sulla strada della pubblicazione di esordienti anche Italiani: è una novità redditizia?
«Un tempo si guardava molto all’estero, invece da vari anni puntiamo anche sugli Italiani, che oggi in classifica pesano più degli stranieri, come il bravissimo e prolifico Andrea Vitali. Se non si scommette sul nuovo è inutile fare gli editori. Si sta affacciando una nuova generazione che soddisfa i lettori. Ne sono esempi Lorenzo Marone, il “Mordecai Richler de noantri”; Silvia Zucca, che incrocia con grande ironia i segni zodiacali con la ricerca dell’uomo giusto, una vera scoperta! Alice Basso, che rinnova un genere divertendo anche i palati più fini; Lavinia Petti, che stupisce per la giovane età e la capacità fantastica che le deriva dalla lettura dei grandi successi young adult degli ultimi anni, una giovane Zafon napoletana; Alice Ranucci che a 17 anni scrive un romanzo generazionale di straordinaria maturità. Molti di loro hanno già avuto enorme successo internazionale a Francoforte e a Londra ancor prima della loro pubblicazione in Italia».
Si sta avvicinando il momento dell’acquisizione della Rizzoli libri da parte della Mondadori: le vostre strategie per fronteggiare il nuovo Moloch?
«Hic sunt leones. Dipenderà da come si realizzerà la fusione, se si realizzerà e da come questa verrà governata. Non ha precedenti in Europa per la sua incidenza sul mercato nazionale. Perciò l’antitrust italiano avrà di fronte una situazione del tutto inedita. Noi usciamo da quattro anni di crisi del settore estremamente solidi e siamo pronti a reagire».