martedì 7 luglio 2015

La Stampa 7.7.15
Il narciso Varoufakis fallisce ma lascia la scena da eroe
Mal tollerato in Europa. I greci però gli hanno perdonato tutto
di Tonia Mastrobuoni


Alcuni suoi predecessori rischiano la lapidazione ogni volta che provano a mettere il naso fuori casa.
Lui lascia il suo incarico di ministro delle Finanze come un eroe. Getta la spugna dopo aver trascinato la Grecia in una convinta campagna per il «no», sconfessando la promessa di riprendere subito il negoziato con i creditori per raggiungere un’intesa a stretto giro. I greci gli hanno sempre perdonato tutto; nei giorni scorsi lo hanno continuato ad applaudire per strada. Domenica notte Yanis Varoufakis se n’è andato in maglietta, a cavalcioni della sua Yamaha, lasciandosi alle spalle le banche al collasso e le finanze pubbliche alla deriva, dopo cinque mesi in cui documenti interni del ministero attestano che il 60% delle sue firme sono finite sotto a permessi per le missioni all’estero dei dipendenti. Ma a ben vedere, il ministro della paralisi è stato condannato al fallimento anzitutto da chi lo ha scelto, Alexis Tsipras. Nella sua breve esistenza di scamiciato sex symbol - in Italia i soprannomi spaziavano dai Varouficos delle groupie a Fuffakis degli invidiosi - ha regalato molti titoli scandalistici, altrettanti provocatori, ma pochi fatti. Un libro, quello sì, da brava rockstar dei giornali.
Tensioni interne
Anche ieri, nel breve intervento sul suo blog che di buon mattino annunciava le dimissioni, sono evidenti le tracce di un conflitto che era scoppiato sin dal primo istante. Stretto nella morsa di una parte di Syriza e di un’ampia fetta dell’Eurogruppo che lo detesta senza freni, Varoufakis ha ammesso che è stato il premier a chiedere il suo passo indietro, per favorire la ripresa del negoziato in Europa. Calato a gennaio come un marziano in un partito lacerato da lotte di potere, scelto per il suo curriculum internazionale da «esterno», da tecnico, il primo sgambetto lo ha fatto a Yanis Dragasakis. Esponente dell’ala moderata di Syriza, studiava da anni per diventare ministro: come premio di consolazione, Tsipras gli ha dato il posto da vicepremier e, successivamente, da supervisore, quando Varoufakis è stato commissariato.
Il disagio di Bruxelles
La verità è che le umiliazioni e le occasioni per lasciare si sono sprecate, in questi mesi. Ma, da vero narciso, il ministro dal collo taurino che ama le camicie lucide e le moto non le ha mai capite o volute capire. I molteplici segnali di disagio provocati dall’economista cresciuto accademicamente tra il Regno Unito, l’Australia e il Texas, si ritrovano nella ricca aneddotica dei cinque mesi vissuti sul filo del rasoio. Nel primo faccia a faccia con Wolfgang Schaeuble, a Berlino, l’austero ministro delle Finanze scoppiò in una (rara) risata dopo cinque minuti. «A chi devo dare retta?», chiese un po’ sorpreso, dopo che Varoufakis era stato interrotto per la terza volta da un funzionario di Syriza che tentava di riportarlo sulla linea ufficiale del partito. Dopo la risata iniziale, il rapporto tra i due si è trasformato in un pianto. E man mano anche quello con gli altri omologhi. Il culmine si è raggiunto a maggio, all’Eurogruppo di Riga, quando le astratte prediche dell’economista, in risposta alla semplice domanda della Troika «avete due settimane di liquidità, cosa farete?», hanno fatto perdere le staffe a un dozzina di colleghi.
Il vero supplizio, la vera fatica di Sisifo, per il superministro, è stato proprio l’Eurogruppo, il consesso di tecnici che dovrebbe decidere il destino della Grecia attraverso gli aridi numeri.
Sconfessato da Tsipras
Pochi ricordano che Varoufakis fu sconfessato quasi subito dal suo premier dopo un Eurogruppo degli inizi, a febbraio. Si era raggiunta una prima, miracolosa intesa, il ministro uscì soddisfatto, i ministri tornarono a casa cautamente sollevati, quando Tsipras gli disse al telefono di respingere quei tre paragrafi. La leggenda narra che Schaeuble lo venne a sapere mentre una macchina lo stava accompagnando fuori dal garage. Una sconfessione, quella del premier greco, che avrebbe indotto qualcun altro a una riflessione sull’opportunità di restare - immaginate Merkel che chiama Schaeuble e gli dice di stracciare un accordo appena firmato - ma Varoufakis andò avanti sereno. Anche quando la sconfessione, qualche settimana dopo, si trasformò in sfiducia esplicita e il ministro fu affiancato da Dragasakis e da quello che è diventato ieri il suo successore, Efklìdis Tsakalòtos. Neanche la bufera scatenata dall’imbarazzante servizio fotografico con moglie e panoramica terrazza con vista sul Partenone gli ha fatto perdere il sorriso da simpatico buttafuori. Ora tutti si chiedono cosa farà, se il conferenziere a peso d’oro o il professore. Ma la vera domanda cui soltanto gli storici potranno mai rispondere è: in cinque mesi, Varoufakis fu Sisifo o la pietra?