sabato 4 luglio 2015

La Stampa 4.7.15
Quelle voci in Parlamento sul cambio di governo
di Marcello Sorgi


L’allarme lo ha dato, come altre volte, Paolo Naccarato, il senatore che non smette di definirsi «cossighiano» e tesse da sempre la tela degli irregolari che hanno sostenuto il governo nei momenti difficili a Palazzo Madama, dove la maggioranza è ballerina e dalla fine del patto del Nazareno in poi i voti della minoranza Pd sono diventati decisivi. A un gruppetto di colleghi che entrando e uscendo dall’aula secondo calcoli strategici hanno consentito in questi mesi l’approvazione delle riforme, con numeri che sulla carta non c’erano, Naccarato ha detto di non condividere la fretta con cui Renzi s’è gettato nella sua campagna estiva, mirata a far passare prima della pausa d’agosto la riforma del Senato, quella della governance Rai e quella delle unioni civili, oltre a dare una scossa al provvedimento sulla prescrizione che galleggia da tempo in attesa di accordi.
Il premier pensa che non ci sia altro modo, se non questo del rilancio, per reagire alla sconfitta elettorale sui ballottaggi e uscire dal tran-tran del giorno dopo giorno, che tra emergenza immigrazione e allarme Grecia, tanti punti gli sta costando nei sondaggi. Ma chi gli ha dato una mano nell’ultimo anno considera ciascuna di queste riforme una potenziale trappola e un’occasione di logoramento per il governo, sia che passino, sia che vangano rinviate.
L’idea che sta prendendo piede a Palazzo Chigi di stringere un’intesa con la minoranza Pd, almeno sulla riforma del Senato, regge fino a un certo punto. Basta parlare con qualcuno dei 25 senatori, bersaniani e non, che hanno firmato il documento in cui chiedono sostanziali modifiche al testo del Senato riformato, per capire che il negoziato riguarda tutti gli argomenti in discussione, e che i timori di uno sbilanciamento in senso verticistico, o addirittura autoritario, del sistema, espressi sull’Italicum, sono uguali a quelli su una Rai potenzialmente più controllata dal governo che dal Parlamento. Inoltre, quanto più il premier manifesta l’intenzione di cercare una quadra con i suoi oppositori interni, tanto più si aprono crepe sul versante centrista della maggioranza: si veda al proposito la valanga di emendamenti sulle unioni civili, per non dire della già citata resistenza Ncd sull’abbreviamento delle prescrizioni. A favore di Renzi gioca il fatto che ogni singolo parlamentare vuole arrivare alla fine naturale della legislatura, nel 2018. Ma da qualche tempo - era ancora Naccarato a ricordarlo ai suoi amici - si sente dire più spesso che non è proprio detto che questo debba essere l’ultimo governo della legislatura.