domenica 12 luglio 2015

La Stampa 12.7.15
“Una nuova generazione jihadista trasforma l’islam in totalitarismo”
L’analista franco-algerino Boutih: “Estremismo tutto politico. Ormai neppure la Fratellanza controlla più le sue truppe”
intervista di Fra. Pac.


La Francia discute da giorni del rapporto «Generazione radicale» redatto per il premier Valls dal deputato socialista di origine algerina Malek Boutih, ex anima di SOS Racisme accusato da parte della gauche di criminalizzare tutti i giovani musulmani. Lui tira dritto: «Da militante antirazzista dico che la violenza sta richiudendo nel ghetto le classi popolari. Dobbiamo combattere chi porta i giovani al radicalismo religioso. Tanti ragazzi delle periferie concordano con me: c’è in ballo la democrazia, non bisogna essere accondiscendenti». Sullo sfondo, la minaccia dell’Isis: la stessa che grava in queste ore sul Cairo.
Boutih, cosa accade in Egitto?
«Il potere egiziano affronta una situazione a cui si prepara dal dopo Morsi, grave ma purtroppo non inattesa».
Al di là delle rivendicazioni l’Egitto punta l’indice contro i Fratelli Musulmani. C’e un rapporto tra loro e il terrorismo?
«No. L’Egitto come altri Paesi islamici e l’Europa affronta un radicalismo che è stato trattato per troppo tempo sul piano religioso mentre è del tutto politico. Lo scontro è cresciuto. Gli stessi Fratelli egiziani non controllano più le loro truppe, sono stati superati dallo Stato Islamico. L’islamismo è in mutamento continuo, ogni generazione è scavalcata da quella più radicale. L’Iran creò l’islamismo rivoluzionario nel ’79 e oggi ne è target. L’epicentro oggi non è in Egitto, Iran o Libano: è Isis che ha reso il terrorismo un movimento politico totalitario espansionista, il nuovo nazismo».
Molti in Francia hanno letto il suo rapporto come un j’accuse a tutti i giovani musulmani, potenziali terroristi. Perché?
«Il mio rapporto addita un fenomeno massiccio in Francia ma anche in altri paesi d’Europa e seppure in scala minore anche in Italia. Migliaia di giovani europei sono partiti per far la guerra sulla spinta di un ideale, altri pronti a partire. Non bisogna generalizzare, ma lanciare l’allarme. Non conosciamo l’ampiezza del fenomeno, gli attentati di gennaio in Francia e quello di pochi giorni fa non sono stati concepiti fuori ma dentro la nostra società. A lungo si è parlato di casi isolati ma è qualcosa più grosso. Urge una politica preventiva più forte».
Nel rapporto cita la radicalizzazione delle donne. Avviene anche in Egitto tra le simpatizzanti dei Fratelli. È una novità?
«Le donne ci sono, le musulmane e le convertite. È un dato rivelatore della natura del fenomeno, più massiccio della semplice radicalizzazione di singoli individui o del terrorismo tradizionale. Potevamo pensare che rispetto al trattamento inumano a loro riservato da quei totalitarismi le donne fossero vaccinate e invece no, in Francia sono il 40% di chi fa il jihad».
Cosa spiega la presa del radicalismo tra i ragazzi musulmani?
«Il primo target sono i giovani musulmani perché spesso fanno parte di classi più emarginate, ma tra chi combatte con Isis in Siria e Iraq c’è di tutto. È la prova che la dimensione religiosa è solo esteriore. C’è una sfida più profonda alla democrazia. Pensare che si limiti alle minoranze è pericoloso: la Francia ha figli dell’immigrazione nell’esercito mentre altri, figli di gruppi non minoranze, partecipano al jihad».
Lei propone più discoteche e chances d’incontro per i ragazzi. Una rivoluzione cultural-sessuale per deradicalizzare?
«Una delle ragioni per cui la Francia deve essere ottimista è che è il paese europeo con più matrimoni misti. Più le persone sono separate, più le società sono fragili. però il reclutamento di Isis funziona bene tra i giovanissimi, spesso under 18, la prova del vuoto nei rapporti affettivi. L’idea delle discoteche non è centrale, serve a dire che non possiamo trattare la gioventù solo con la libertà economica e il consumismo. Gli strateghi della guerra contro l’islamismo si concentrano sulle ricchezze e la politica sottostimando il peso dei nuovi media, la parabola e il web, in società segregate sessualmente. Il ruolo del mercato sessuale nel reclutamento è forte, l’Isis ha organizzato la schiavitù sessuale e le donne sono attratte con la promessa di nozze con miliziani cavalieri».
L’Egitto come l’Algeria 1992?
«Spero no, comunque è diverso. È vero che l’esercito ha preso il potere ma dopo che milioni di egiziani avevano chiesto di sbarazzarsi del governo islamico. L’Egitto ha inoltre il vantaggio di una vecchia civiltà e di una società meno preda della violenza di quella algerina».
Svanita la primavera araba?
«Quando sento che l’islam è inconciliabile con la democrazia o che il mondo arabo non era maturo per emanciparsi riconosco il pensiero dell’estrema destra, che da sempre considera queste società immobili e immutabili. Con le primavere arabe sono caduti i dittatori ed è apparsa la feccia che i loro sorrisi celavano. In Europa dobbiamo lottare contro il terrorismo e la perdita di fiducia nella democrazia che fa crescere l’estrema destra e le forze reazionarie con le quali l’islamismo condivide più d’un valore».