mercoledì 8 luglio 2015

Il Sole 8.7.15
L’incubo di un effetto domino
Altro che Grecia si rischia una bolla mondiale
di Morya Longo


«Ho iniziato a comprare azioni in Borsa due settimane fa, su consiglio del mio parrucchiere». In un’intervista Sophie Wang, 32enne insegnante di Nanjing, ha confessato di aver scambiato l’acconciatore per un consulente finanziario. È stato lui, tra un bigodino e uno shampoo, a suggerirle di fare quello che ormai in Cina è una moda: giocare in Borsa.
Da quando la Cina ha iniziato a favorire l’ingresso in massa sul listino dei piccoli risparmiatori, in tanti si sono infatti improvvisati speculatori: parrucchieri, venditori ambulanti, commessi. Tutti assoldati, con la benedizione dei giornali che esaltavano le prodezze della Borsa di Shanghai, nelle fila dei trader dell’ultima ora.
Dal boom...
È così che la Cina ha costruito una delle più grandi bolle speculative che si ricordino: il listino di Shanghai dal giugno 2014 al giugno 2015 ha guadagnato il 151%, dei quali 110 solo negli ultimi 7 mesi. Portando i prezzi delle azioni a un valore 59 volte superiore agli utili delle aziende. Cioè nel campo della follia. Il problema è che i piccoli risparmiatori hanno iniziato a fare come un tempo facevano gli americani: si sono indebitati per comprare sempre più azioni, mettendo le stesse azioni in garanzia dei finanziamenti. Il 18 giugno scorso il credito concesso dai vari broker alle famiglie cinesi con il solo scopo di speculare in Borsa era arrivato al record di 2.270 miliardi di yuan (334 miliardi di euro). Ovvio che questo schema Ponzi non poteva durare: così appena sono scattate le vendite, tanti risparmiatori hanno iniziato in fretta e furia a vendere azioni per rimborsare i debiti sottostanti.
Per questo è partito il vortice borsistico, che in due settimane ha bruciato il 28% del valore della Borsa di Shanghai. Hanno venduto tanti risparmiatori. E, in scia, anche tanti investitori internazionali. E il vortice potrebbe durare ancora un po’, dato che - calcola Citigroup - per ora solo un quarto dei debiti contratti dai cinesi per comprare azioni è stato chiuso: se la Borsa continuasse a scendere, è prevedibile che il panico colpisca anche gli altri risparmiatori. Poco contano infatti le misure d’emergenza adottate dal Governo per contrastare il crollo: se gli investitori perdono la fiducia, è difficile arginare le vendite. In fondo l’economia di mercato funziona così.
...al contagio
Il punto è capire se questo tracollo possa pesare sull’economia cinese (che già rallenta) e se questo possa contagiare il resto del mondo. La notizia positiva è che l’economia del Dragone - a differenza di quella americana - è poco finanziarizzata. Secondo i dati di Hsbc, le azioni rappresentano solo il 15% della ricchezza delle famiglie: se anche perdessero di valore, non dovrebbero penalizzare più di tanto i loro consumi. L’impatto sull’economia sarà dunque probabilmente inferiore rispetto all’effetto che la bolla immobiliare ebbe negli Usa nel 2007. L’altra notizia positiva è che lo Stato cinese ha circa 4mila miliardi di dollari di riserve valutarie: un arsenale potente per giocare la battaglia contro la speculazione. E poi non bisogna dimenticare che da tempo il Governo, con un mix di politiche monetarie e fiscali, sta cercando di rilanciare il Paese.
Purtroppo le notizie positive si fermano qui. Perché l’economia cinese (nonostante i sostegni) rallenta e il crollo della Borsa - sebbene meno invasivo che negli Usa - non può che aggravare la frenata. E se l’economia perde giri, il rischio è che diventi sempre meno sostenibile la posizione finanziaria delle aziende cinesi: il loro debito è aumentato in maniera esponenziale negli ultimi anni, passando dal 98% del Pil del 2007 al 155% del Pil del 2014. Quella cinese è infatti un’economia iper-indebitata (non sul settore pubblico, ma su quello privato) e un rallentamento congiunturale unito a un ribasso borsistico potrebbe creare un mix esplosivo.
Se l’economia cinese frenasse, se gli investitori prendessero sonore scottature a Shanghai, se qualche hedge fund dovesse finire nei guai o se scoppiasse la bolla del sistema bancario ombra, difficilmente nel mondo non si sentirebbe l’onda d’urto. La Cina è infatti la seconda economia mondiale, il più grande esportatore, il maggiore consumatore di materie prime: le vie di un contagio possono essere infinite. Altro che Grecia.