martedì 7 luglio 2015

Il Sole 7.7.15
Tornare al negoziato. Italia meno debole di altri Paesi
Squinzi: «Non si può far saltare l’Europa per un’impuntatura»
Confindustria. «Prevalga il buon senso, ci si rimetta a negoziare e si trovi una via d’uscita»
di Nicoletta Picchio


«Non si può far saltare l’Europa per la Grecia e per un’impuntatura, ora si torni al negoziato». Così il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ha aggiunto: mi auguro che prevalga il buon senso e si trovi una soluzione. Per Squinzi l’Italia è meno debole di altri Paesi.
Il risultato del referendum? «Mi pare fosse ampiamente atteso». L’auspicio è che «prevalga il buon senso, ci si rimetta a negoziare e si trovi una via d’uscita, un modo costruttivo per venirne fuori, senza arrivare alle rotture». Giorgio Squinzi è all’assemblea degli industriali di Asti e inevitabilmente le prime domande sono sulla questione greca. «Sarebbe assurdo far saltare l’Europa per la Grecia e per un’impuntatura, perché il referendum è un’impuntatura di tipo politico tra greci e autorità della Ue». Certo, a chi gli chiede se l’Europa oggi è più debole il presidente di Confindustria ammette che «non è un bel segnale», anche se continua a pensare che bisogna credere al progetto europeo, individuare soluzioni «di compromesso» per andare avanti e che «si trovi una spinta politica vera nella direzione di un’Europa unita». E comunque, sul rischio contagio, secondo Squinzi l’Italia è «meno debole di altri paesi».
La riflessione è più ampia: «La crisi ellenica dimostra i difetti e i limiti della costruzione europea, incapace di risolvere il conflitto di sovranità tra stati nazionali e istituzioni comuni.I nodi di questa mediocrità politica vengono drammaticamente al pettine». Il presidente di Confindustria continua a sognare gli Stati Uniti d’Europa, ma è consapevole che «la gestione europea della crisi greca ci ha fatti allontanare e di molto da questo sogno». La politica di austerità «ad ogni costo» va rettificata da scelte orientate alla crescita e allo sviluppo. Un cambio di rotta che Squinzi chiede da tempo, ma che stenta ad arrivare: timido il piano Juncker, nelle quantità e nelle modalità di scelta degli investimenti; le proposte dell’ultimo vertice europeo di una politica fiscale unica «vanno nella giusta direzione ma sono insufficienti nella tempistica e alla luce della grave difficoltà economica» in cui si dibatte gran parte dell’Europa. «L’Europa è fondamentale e sembrano essere gli europei stessi a non crederci», dice Squinzi, sottolineando la fiducia espressa da Usa e Cina. Agli elementi di «fragilità e di rischio» internazionali si aggiungono quelli interni: il governo deve andare avanti sulle riforme «con determinazione. Non basta annunciarle, bisogna attuarle», ha incalzato il presidente di Confindustria, «per semplificare il paese», creare un contesto dove sia possibile per le imprese crescere. «Abbiamo tanti segnali che si fa un passo avanti e uno indietro», ha detto Squinzi riferendosi alla «manina anti-impresa» che ogni settimana riserva qualche sorpresa, come dimostra il recente caso Fincantieri. Squinzi ha annunciato che oggi sarà a Monfalcone, alla riapertura dei cancelli dopo il dissequestro. Altro esempio, la legge sui reati ambientali, la tassazione dei macchinari imbullonati, il disegno di legge sul suolo: l’approccio «è basato prevalentemente su divieti e sanzioni», cosa che rischia di compromettere la crescita mentre servono, come Confindustria ha fatto presente, strumenti che incentivino la riqualificazione urbana e gli investimenti. È grazie all’impresa che l’Italia ha retto alla crisi e continua ad essere il secondo paese manifatturiero d’Europa. Qualche segnale di cresciuta si comincia a vedere, «ma la strada per risalire è ancora lunga». Bisogna essere «realisti» ha detto Squinzi: non basta una crescita da zero virgola, ma occorre almeno del 2% per creare occupazione. Invece la percezione è che «il mercato interno non sia ripartito e il minimo di ripartenza sia dovuto a cause esterne. Non abbiamo ancora cominciato a fare i lavori di pulizia a casa nostra».