domenica 5 luglio 2015

Il Sole 5.7.15
Effetto-Grecia sui valori del Pd: dal mito del risanamento alla marcia pro-Tsipras
di Lina Palmerini


Ieri Renzi ha ripetuto che l’Italia non deve aver paura perché non è più, come 4 anni fa, il malato d’Europa. Nelle stesse ore, parlamentari vicini a Bersani annunciavano il sostegno a Tsipras contro l’euro a trazione tedesca. Qualcosa non torna. Fu il Pd di Bersani a votare il Governo Monti che certo non era ostile a Berlino.
Cominciamo dall’affermazione del presidente del Consiglio quando dice che l’Italia non è più un problema perché i problemi li sta risolvendo. Certamente è vero – anche se molti nodi restano intatti – ma la cura da cavallo al Paese non l’ha somministrata Renzi ma il Governo Monti sostenuto da un Pd guidato da Pierluigi Bersani. Forse molti vorrebbero appannare il ricordo ma quell’Esecutivo arrivato dopo la lettera della Bce (5 agosto 2011) applicò all’Italia molte di quelle ricette di matrice tedesca ed era sostenuto da un Pd che non era renziano ma bersaniano. Cioè esattamente l’area da cui provengono i parlamentari che stanno per partire per Atene a sostegno di Tsipras e contro il «liberismo barbaro della Merkel» come ha detto ieri Stefano Fassina dopo aver lanciato il suo progetto politico. Va anche ricordato che lo stesso Fassina ha fatto parte del Governo Letta che ha proseguito sulla strada del rigore, che non era affatto ostile alla Germania della Merkel e che era sostenuto da un Pd guidato dall’ex segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, anche lui dell’area di sinistra vicina a Bersani. Insomma, una parte del Pd – oggi – condanna Renzi per aver fatto la stessa scelta che fecero loro due anni fa. E che ebbe costi politici piuttosto alti per l’elettorato.
Si potrebbe ricordare che il Pd – e pure il partito di Berlusconi – votò il pareggio di bilancio in Costituzione in soli sei mesi mentre oggi fa le barricate su un’altra riforma costituzionale, quella del Senato. Eppure non c’è niente di più in linea con l’austerità che il pareggio di bilancio in Costituzione. In soli tre anni l’inversione di marcia è totale. Ma, soprattutto, chi parte per Atene sa bene che lì l’età media di pensionamento è di 58 anni e che la riforma delle pensioni è un capitolo chiave della trattativa con l’Europa mentre in Italia il Pd di Bersani votò la legge Fornero che mette i pensionati italiani in condizioni ben peggiori dei greci.
Ieri Alfredo D’Attorre, deputato della minoranza Pd – anche lui in viaggio verso Atene – sosteneva che la base del Pd è con Tsipras e non con Renzi-Merkel. Il dubbio però è che la base del Pd sia piuttosto disorientata. Dopo anni in cui è stata educata al risanamento dei conti e alle riforme, oggi il registro cambia radicalmente e il “no” a Tsipras è l’emblema di quanto ormai un’area di sinistra confini con la destra, anche estrema. Proprio come accade ad Atene.
E invece anche su questi temi, l’euro e il rigore finanziario, il centro-sinistra aveva costruito la sua identità e la sua differenza con la destra. È stato il Governo Prodi a portare l’Italia nell’euro, a riuscire a far pagare agli italiani perfino una tassa per l’ingresso. E sono stati quei Governi di centro-sinistra ad accumulare quella virtù finanziaria che si chiama avanzo primario. Una volta, il centro-sinistra rivendicava la capacità di tenere i conti in ordine, di rispettare gli impegni con l’Europa e questo si traduceva – politicamente – con la capacità di amministrare bene i soldi degli italiani. Era così a livello nazionale e così a livello locale. Oggi quello che confonde la base Pd è che nessuno rivendica il merito di quelle scelte ma le rimette in discussione. Scelte che fanno dire a Renzi che non siamo più il malato d’Europa mentre un paio d’anni fa le contestava. L’anti-renzismo sta spegnendo i tratti identitari migliori di quella storia. E impedisce di formulare una proposta europeista di cambiamento necessario. Al di là del premier.