mercoledì 15 luglio 2015

Il Sole 15.7.15
Con la revoca delle sanzioni torna sul mercato il terzo operatore mondiale
Petrolio, il ritorno di un big
di Roberto Bongiorni


I festeggiamenti e le grida di gioia con cui milioni di iraniani hanno accolto la firma dello storico accordo sul dossier nucleare sono più che comprensibili. La speranza di rivedere subito i rubinetti del greggio aperti come nel 2010, e quindi beneficiare dell’atteso rientro delle entrate energetiche di un tempo, rasenta l’ingenuità.
Perché il ritorno della la Repubblica islamica, fino a pochi anni fa terzo esportatore mondiale di greggio, sui mercati mondiali del greggio non sarà immediato, tutt'altro. Né cosa facile. Con ogni probabilità le sanzioni internazionali non saranno subito rimosse. Per quelle americane si parla anche di 6-12 mesi. Sempreché Teheran traduca in realtà gli impegni assunti nel negoziato. Scenario non scontato.
In secondo luogo occorrerà valutare quanto tempo sarà necessario per ripristinare le infrastrutture petrolifere inutilizzate, e per riammodernare quelle - e non sono poche – che versano in un condizioni quasi fatiscenti. Senza contare che tutto ciò sarà possibile solo se arriveranno gli investimenti stranieri.
Cautela, dunque. Eppure la sola idea di un ritorno di Teheran è motivo di inquietudine per diversi Paesi esportatori di greggio. Se i paesi membri dell'Opec avessero potuto scegliere la data dello storico accordo, probabilmente molti di loro lo avrebbero posticipato almeno di un paio di anni. Per una semplice ragione. Quando una potenza petrolifera quale la Repubblica islamica, con una dote sul medio termine di un 1-1,5 milioni di barili al giorno (mbg) di esportazioni aggiuntive, tornerà effettivamente sui mercati del greggio, è presumibile che ci sarà un effetto deprimente sulle quotazioni del petrolio. L'ampio eccesso di offerta (pari a 2,5 mbg), che oggi domina sui mercati, difficilmente svanirà nell'arco di un anno. Come sarà difficile che i prezzi del greggio balzino dalle basse quotazioni di oggi ai 120 dollari del giugno 2014. La volatilità che hanno mostrato ieri i mercati, segnando un rialzo in serata, è dunque dovuta soprattutto alle incognite relative al se, e al quando, verranno rimosse le sanzioni internazionali e alla capacità produttiva iraniana. Certo, quando avverrà è verosimile l'inizio di una caduta dei listini. Ipotesi che allarma i Paesi esportatori, già alle prese con drastici tagli dei loro budget, e che invece viene accolta con favore dai Paesi consumatori.
Sul medio-lungo termine lo scenario è un altro. Sulla carta la Repubblica islamica ha i numeri per tornare a giocare un ruolo decisivo. Terza al mondo per riserve di greggio convenzionale, l'Iran produceva 3,9 mbg di greggio, esportandone, a inizio 2011, 2,6 mbg. Dopo l'embargo petrolifero europeo, scattato il primo luglio del 2012, le esportazioni erano scese, nei momenti più drammatici a 700-800mila barili al giorno. E comunque fino a poco mesi fa si aggiravano sul milione di barili. Prima dell'embargo Teheran poteva fare affidamento su 100 miliardi di dollari di entrate energetiche. Dopo soli due anni di sanzioni, le entrate si erano ridotte a 33 miliardi. Le sanzioni contro il sistema bancario e finanziario hanno poi stritolato gli altri settori dell'economia. La contrazione del Pil è stata inevitabile.
Quando Teheran tornerà a produrre a pieno regime? Domanda difficile. La maggior parte degli analisti ritengono che possa aumentare l'estrazione di 250-300mila barili al giorno entro la fine dell'anno, per poi salire di altri 250mila nel primo semestre del 2016 e di altri 300-500mila entro la fine dell'anno venturo.
Non è infondato l'ottimismo espresso dal ministro iraniano del petrolio, Bijan Namdar Zanganeh sull'imminente rientro delle major energetiche internazionali in Iran. Ma occorrerà vedere quanto le compagnie petrolifere canadesi, americane ed europee saranno disposte ad investire subito per accaparrarsi lo sfruttamento delle grandi risorse energetiche iraniane. E quali saranno le condizioni contrattuali proposte da Teheran. Non è escluso che alcune di loro optino per un periodo di osservazione. Per quanto promettente, l'industria energetica iraniana si trova in uno stato fatiscente e necessita investimenti davvero grandi. Il piano quinquennale iraniano prevedeva 255 miliardi di dollari tra il 2011 e il 2015. Se le sanzioni dovessero essere realmente tolte, l'Institute of Internationl fianance aveva che il Pil iraniano potrebbe rimbalzare del 5 per cento.
Teheran farà di tutto per esportare quanto prima. Ha bisogno di riprendersi. La sua dinamica economia, ancora dipendente dal settore energetico, è stata messa in ginocchio. Ma la prudenza è l'atteggiamento più ragionevole. Anche perché l'Iran ha accettato un meccanismo di reintroduzione delle sanzioni entro 65 giorni in caso di violazione dell'intesa. E non è scontato che tutto vada per il meglio. Per quanto storico, per quanto atteso a lungo, per quanto salutato come un grande successo anche dagli Stati Uniti, l'accordo firmato ieri è l'inizio di un lungo cammino cosparso di ostacoli.