mercoledì 15 luglio 2015

Il Sole 15.7.15
Un nuovo attore nelle mappe di Putin
L’Iran si inserisce in uno scenario energetico continuamente trasformato dalla politica
di Antonella Scott


«Il mondo in cui sta ritornando l’Iran è completamente diverso da quello dei tempi in cui vennero imposte le sanzioni», dice Konstantin Kosachev, presidente della commissione Esteri della Camera alta russa. Ha ragione. Una delle sorprese più clamorose, per chi si ritrovasse a contemplare dopo tanti anni uno scenario plasmato dalla geopolitica, è l’avvicinamento tra Russia e Arabia Saudita: i due primi produttori di petrolio al mondo che il mese scorso, a San Pietroburgo, si sono scambiati sorrisi, progetti e inviti, germoglio di una partnership che potrebbe nascere a dispetto dell’asse Riad-Washington. Messo in crisi proprio dalle intese nucleari tra Stati Uniti e Iran.
L’altra rivoluzione, naturalmente, riguarda il ribaltamento dei rapporti tra Russia e Ucraina, la crisi economica e il gelo con l’Europa che fanno e disfano le rotte dell’energia. Nel walzer di Vladimir Putin ultimamente i colpi di scena si sono fatti più frenetici: South Stream - il progetto forse più caro al presidente russo, e di cui si era già festeggiata con enfasi la nascita - messo da parte nel dicembre scorso a favore di un’idea nuova, Turkish Stream. Stessa portata (63 miliardi di metri cubi l’anno) e stessa rotta sotto il Mar Nero, con variazione nella parte finale, per sfociare in Turchia e in Grecia invece che in Bulgaria. Stesso intento, circumnavigare l’Ucraina. Fino a pochi giorni fa, sembrava che nulla fosse cambiato anche per l’italiana Saipem, impegnata ad avviare i lavori per la posa della prima condotta sottomarina.
Ma mercoledì scorso, 8 luglio, Saipem ha ricevuto da Gazprom la notifica della cancellazione del contratto, di un valore di 2,4 miliardi di euro. Mentre su Turkish Stream si fanno sempre più pesanti ombre legate ai dubbi di Ankara: malgrado mesi di trattative, le autorità turche sembrano voler frenare, e finora hanno dato a Gazprom il permesso di svolgere ricerca e progettazione solo per una delle quattro linee previste. Al contrario - è questo è stato davvero un altro clamoroso colpo di scena - nelle carte energetiche di Europa è riapparsa un’altra linea tratteggiata. Annunciata con enfasi sempre a Pietroburgo, nel corso del Forum economico internazionale di metà giugno. Se Turkish Stream sbiadisce, Nord Stream raddoppia.
A Pietroburgo, snobbando il clima da sanzioni, Gazprom ha annunciato la firma di un memorandum di intenti con tre compagnie europee. La tedesca E.On, l’anglo-olandese Royal Dutch-Shell, l’austriaca Omv. Il monopolio russo intende coinvolgere a breve anche Wintershall, sussidiaria del gruppo Basf. Il progetto riguarda la costruzione di due linee che affiancheranno quella esistente, già operativa, tra la Russia e la Germania del Nord attraverso il Mar Baltico. Il gasdotto che lega il proprio nome a quello dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder (presente al Forum di Pietroburgo) vedrà raddoppiare la capacità di trasporto, da 55 a 110 miliardi di metri cubi l’anno. Sempre con l’intento di marginalizzare l’Ucraina (Mosca vorrebbe arrivare a escluderla completamente, come Paese di transito verso l’Europa, dal 2019), con il rilancio di Nord Stream Putin sembra aver voluto far capire che - malgrado le sanzioni e le divergenze con la politica di Bruxelles sulla proprietà dei gasdotti - l’interesse verso il mercato europeo non può venire meno per la Russia.
E tuttavia c’è chi fa notare che la costruzione di entrambi, Nord Stream II e Turkish Stream, presuppone una domanda superiore a quella prevedibile. Secondo Bruegel, think tank di Bruxelles, l’intento del Cremlino nel tratteggiare più gasdotti sarebbe solo politico. «In questo scenario - scrive - la Russia non intenderebbe realizzare né Turkish Stream né l’espansione di Nord Stream. Le proposte puntano però a creare una spaccatura politica all’interno della Ue, per dividerla tra Nord e Sud».
Sono tutti politici, del resto, anche i calcoli dietro il miglioramento delle relazioni tra Mosca e Teheran, simboleggiato la settimana scorsa dall’incontro tra Putin e il presidente Hassan Rouhani, a Ufa, a margine del vertice dei Brics. Sulla carta i russi avrebbero tutto da perdere dal rientro dell’Iran sui mercati internazionali del gas e del petrolio. Mosca, però, sta studiando il ruolo che gli iraniani potrebbero ricoprire a sostegno dei propri interessi strategici in Asia. Il nuovo scenario offre diverse opportunità di collaborazione, la ragione per cui Putin non si vuole mostrare preoccupato dalla comparsa di un potenziale concorrente, malgrado l’Iran abbia intenzione di aumentare la produzione di petrolio, una volta abolite le sanzioni: «L’economia globale si adatterà - ha detto il presidente russo -, i consumi cresceranno. Noi siamo pronti».