venerdì 10 luglio 2015

Il Sole 10.7.15
Il Governo cinese rianima la Borsa
Vietato ai grandi azionisti di cedere quote, bloccato il 50% del listino - A Shanghai rimbalzo del 6,8%
di Rita Fatiguso


PECHINO Batti e ribatti, la Borsa si è ripresa. Mercati cinesi in rialzo, dunque, grazie ai reiterati tentativi del Governo di arrestare la caduta libera dei listini. Shanghai guadagna il 6,8%, Hong Kong il 4,9 per cento.
Cruciale si è rivelato il divieto di cessione di quote ai grandi azionisti delle società quotate, seguite da misure sui prestiti bancari legati ad azioni. Una ulteriore direttiva, dunque, che vieta alle aziende che posseggono più del 5% del capitale azionario di un’azienda di vendere azioni della stessa azienda. Inoltre sono stati annunciati per alcuni margin requirement più blandi.
Queste due ultime manovre sono, rispettivamente, il quarto ed il quinto intervento del governo e seguono il ritocco ai tassi d’interesse, il blocco delle Ipo e la costituzione di un piccolo fondo di 19 miliardi dollari con lo scopo di stabilizzare il mercato. I tre interventi precedenti non hanno avuto nessun effetto.
L’ultima mossa di oggi ha invece avuto finalmente successo, ed il mercato di Shanghai si è ripreso andando oltre quota 6 per cento.
L’allentamento dei margin requirement è una mossa abbastanza efficace, ma molto rischiosa, perché trasferisce il rischio dagli investitori alle società di intermediazione. È quindi, naturale che oggi il mercato respiri, ma fino a quando?
La mazzata, infatti, è stata pesante per la Cina. I crolli dell’ultimo mese hanno scosso la fiducia degli investitori, tuttavia Pechino nel tentativo di ripristinarla è intervenuta pesantemente con la costituzione di un fondo da 120 miliardi di yuan per stabilizzare il mercato; l’impegno da parte della China Mutual Fund Association e di alcuni fondi ad acquistare azioni e l’impegno a continuare ad acquistare Etf.
Alcune società, tuttavia, hanno deciso di sospendere gli scambi per evitare vendite da panico, con il risultato di bloccare oltre il 50% dell’intero mercato azionario. A ondate si sono susseguite vendite sul mercato offshore a causa della mancanza di liquidità sull’azionario onshore, spingendo al ribasso l’indice Hang Seng di circa il 5,8%.
Difficile preventivare adesso quando le acque torneranno calme.
Com’è noto, quello cinese è un mercato ancora immaturo, molto volatile, in cui è difficile per gli investitori esteri entrare. Però è il mercato della seconda economia mondiale, del primo importatore ed esportatore, del gigante che divora commodities e quindi condiziona come era successo due giorni fa anche le quotazioni delle materie prime, colpite anch’esse dal crollo delle borse cinesi.
La gigantesca bolla speculativa esplosa, dai titoli tecnologici di Shenzhen ai valori immobiliari in danno la misura delle dimensioni cinesi. Purtroppo forse si tratta della prima volta in cui i mercati borsistici interni subiscono questo contraccolpo in un momento in cui la Cina, purtroppo, frena dal punto di vista della crescita reale. Il 7% sarà molto difficile da raggiungere quest’anno.
È difficile anche stabilire se quest’ultima ripresa possa rappresentare un’inversione di tendenza o, piuttosto, un rimbalzo tecnico perché il distacco tra i valori del mercato ed i fondamentali delle aziende rimane ampio.
Nonostante il crollo delle settimane scorse, l’indice azionario di Shanghai ha registrato una performance del 70% negli ultimi 12 mesi, proprio mentre la situazione economica in Cina mostrava segnali di debolezza.
Il gioco al rialzo innescato dai famigerati Wealth Management Products che il Governo ha cercato inutilmente di contrastare e i tassi d’interesse eccessivamente bassi hanno causato una bolla che ha portato il mercato dal valore di 2.000, circa, all’attuale 3.700. Si potrebbe andare ancora piu sotto per eliminare l’effetto bolla e ritornare a delle valutazioni in linea con i fondamentali dell’economia.
Ieri, altro dato positivo, il lieve rialzo dell’inflazione in Cina. A giugno l’indice dei prezzi al consumo ha registrato un incremento dell’1,4% su base annua, leggermente al di sopra delle attese del mercato (+1,3%). I dati ufficiali, quindi, allontanano i timori per l'avvio di una fase di deflazione. A maggio l’inflazione aveva registrato un tasso di crescita annuo dell’1,2 per cento.