martedì 7 luglio 2015

Corriere 7.7.15
Francesco in Ecuador «Sostenere la famiglia è un dovere sociale»
«Ciò che oggi pare impuro, Dio lo trasforma in miracolo»
di Gian Guido Vecchi


GUAYAQUIL (Ecuador) Viali di palmizi, alberi da frutto, c’è caldo ma Francesco si riossigena per qualche ora a livello del mare prima di tornare ai 2.850 metri di Quito e salire, domani sera, ai quattromila dell’aeroporto boliviano di El Alto. Decine di migliaia di persone lungo le strade, un milione nel parco in riva al fiume verso il Pacifico, il Papa che passa in auto scoperta per avvicinare la gente. Francesco ha spiegato più volte che la Chiesa «ha come modello» la Madonna. Così è significativo che sosti anzitutto al santuario della Divina Misericordia («vi benedico, ma non a pagamento!») e poi scandisca, nell’omelia: «Maria non è una madre che “pretende”, non è una suocera che vigila per divertirsi delle nostre inesperienze, di errori o disattenzioni». Ai fedeli fa ripetere: «Maria è madre! È presente, attenta e premurosa».
Le famiglie in difficoltà o spezzate, le donne sole, gli anziani scartati, gli esclusi, l’atteggiamento della Chiesa anche verso ciò che sembra «impuro». Il Papa parte dal racconto evangelico delle nozze di Cana, la madre che «supplica» Gesù perché gli sposi «non hanno più vino», cosa che oggi «può essere conseguenza della mancanza di lavoro, delle malattie, delle situazioni problematiche che le nostre famiglie attraversano». Maria non critica ma «resta» per aiutarli e ottiene il miracolo. La famiglia «è l’ospedale più vicino», una «scuola» di amore al prossimo, e da essa «nessuno è escluso». Per questo Francesco cita San Paolo («dove abbondò il peccato, ha sovrabbondato la grazia») e ricorda che prima del Giubileo della Misericordia si riunirà in Vaticano un Sinodo «per maturare un vero discernimento spirituale e trovare soluzioni concrete alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia deve affrontare nel nostro tempo». Fino a sillabare la frase più importante: «Vi invito a intensificare le vostre preghiere, perché persino quello che a noi sembra impuro, ci scandalizza o ci spaventa, Dio lo possa trasformare in miracolo».
Il riferimento alle «soluzioni concrete» riguarda anche le situazioni più difficili, come i divorziati o le coppie cosiddette irregolari: «Una parola che a me non piace», spiegava il Papa il mese scorso, quando osservava che «la separazione a volte è inevitabile» e si domandava «come aiutarle e accompagnarle».
La famiglia va sostenuta per ciò che offre al bene comune: i servizi «non sono una forma di elemosina ma un autentico debito sociale». Ma nella famiglia «i miracoli si fanno con quello che c’è, con quello che siamo o che uno ha a disposizione», anche se molte volte «non è l’ideale» né «ciò che sogniamo o “dovrebbe essere”». Perché «Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino e hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che per una ragione o per l’altra ormai sentono di avere rotto tutte le anfore», conclude Francesco: «Il vino migliore sta per venire per ogni persona che ha il coraggio di amare».
Padre Lombardi faceva notare che tra Ecuador, Bolivia e Paraguay, Francesco ha scelto di visitare popoli ai margini «del potere umano» prima del viaggio che in settembre, dopo Cuba, lo porterà a parlare all’Assemblea dell’Onu a New York: «Si farà portatore della voce dei poveri». Di ritorno a Quito, nella notte italiana, il Papa si preparava a salutare i fedeli nella cinquecentesca «Plaza Grande», richiamando l’esempio dei santi: «Hanno amato molto e lo hanno dimostrato fino a toccare la carne sofferente di Cristo nel popolo».