Corriere 6.7.15
Ku Klux Klan, una minaccia perenne per l’America
di Giuseppe sarcina
D agli Stati Uniti arrivano lampi di puro razzismo. Inquietanti e da non sottovalutare. Il movimento del Ku Klux Klan, che pensavamo ormai dimenticato nella discarica della storia, sta organizzando una manifestazione a Columbia, la capitale del South Carolina. Appuntamento davanti al Parlamento nazionale per protestare contro la rimozione della bandiera confederata, su ordine della governatrice repubblicana. La data scelta ha un suono volutamente sinistro: 18 luglio, cioè esattamente un mese dopo la strage compiuta dal giovane Dylann Roof: nove afroamericani uccisi in una chiesa di Charleston. In questi stessi giorni il tycoon miliardario Donald Trump si candida alle elezioni presidenziali nel campo repubblicano attaccando con violenza gli immigrati messicani: «criminali» e «stupratori». Il problema è che l’opinione pubblica non ha liquidato le due notizie con una risata. Al contrario: stando ai sondaggi Trump ora risulterebbe al secondo posto nella lista dei candidati conservatori con una percentuale di gradimento pari al 10%-11%. Nel Sud, invece, il 58% degli interpellati non ritiene che l’antica bandiera dei secessionisti sia «un simbolo di razzismo da archiviare», come ha dichiarato il presidente Obama.
Il Ku Klux Klan fu fondato nel 1865 dai reduci dell’esercito confederale, sconfitto nella Guerra civile. Raggiunse il massimo dei consensi intorno agli anni Venti, con oltre quattro milioni di adesioni. Oggi se ne contano poche migliaia. Ma il suo nocciolo radioattivo di odio si sta riaccendendo. Molti Stati del Sud non possono contare sugli standard socio-economici di New York o della California. E questo spiega perché il neorazzismo possa fare presa: non si tratta più di «tenere al loro posto» i neri, ma di soccorrere l’antico padrone di casa, il bianco, minacciato dagli usurpatori, afroamericani o ispanici che siano. Un’insidia per la democrazia.