domenica 5 luglio 2015

Corriere 5.7.15
Varoufakis accusa i colleghi: «Terrorismo dai creditori»
di Ivo Caizzi


BRUXELLES Il ministro delle Finanze greco di estrema sinistra Yanis Varoufakis ha accusato di «terrorismo» i leader della Germania e delle istituzioni Ue rappresentative dei creditori. Il ministro delle Finanze tedesco di centrodestra Wolfgang Schäuble ha ipotizzato l’uscita «temporanea» della Grecia dall’euro e il tracollo del sistema bancario ellenico. Varoufakis e Schäuble, che hanno sempre assunto le posizioni estremiste nello scontro tra il governo di Atene e i massimi poteri dell’Ue, non potevano non intervenire alla vigilia del referendum di oggi in Grecia sulle misure di austerità pretese dalla ex troika dei creditori (Commissione europea, Bce e Fmi di Washington).
«Quello che stanno facendo alla Grecia ha un nome: terrorismo — ha attaccato Varoufakis —. Perché ci hanno forzato a chiudere le banche? Per spaventare la gente. E quando si diffonde il terrore, questo è terrorismo». Il ministro greco ha contestato gli scenari catastrofici annunciati dai leader tedeschi e delle istituzioni Ue, che sostengono il «sì» nel referendum. Ha escluso che, nel caso di vittoria del «no» auspicata dal premier greco Alexis Tsipras, la Grecia finisca sull’orlo del tracollo.
«Qualunque sia il risultato del referendum, lunedì ci sarà un accordo, sono sicuro — ha detto Varoufakis —. C’è troppo in gioco, sia per la Grecia che per l’Europa. Se la Grecia precipita si perderanno un trilione di euro. Si tratta di troppi soldi e non credo che l’Europa possa permetterselo».
Schäuble sa che i Trattati Ue non prevedono l’uscita dall’euro. Ma ha di nuovo ventilato questa eventualità, se prevalesse il «no». «La Grecia è un membro della zona euro — ha detto il ministro tedesco —. Se con l’euro o temporaneamente senza l’euro: solo i greci possono rispondere a questa domanda». Ha considerato possibile far fallire banche greche: «Anche se si arrivasse al collasso di alcune singole banche, il rischio del contagio è relativamente ridotto».
Per l’ex segretario del Tesoro Usa Tim Geithner, ragionerebbe così dal 2012. «Schäuble mi disse che secondo molti, in Europa, cacciare i greci dall’Eurozona era una strategia plausibile, perfino desiderabile — ha scritto Geithner nel suo ultimo libro —. La Grexit sarebbe stata sufficientemente traumatica da spaventare il resto d’Europa, spingendola a favore di un forte sistema bancario e una unione di bilancio. Lasciar bruciare la Grecia avrebbe reso più facile la costruzione di un’Europa più forte con barriere più credibili». A Bruxelles da tempo molti ipotizzano che la cancelliera tedesca Angela Merkel, usando il «mai più un’altra Grecia», intenderebbe imporre una riduzione della sovranità nazionale dei Paesi dell’Eurozona con maxi-debito o squilibri eccessivi nei conti pubblici. I 5 presidenti delle istituzioni Ue, Jean-Claude Juncker (Commissione), Donald Tusk (Consiglio dei governi), Mario Draghi (Bce), Jeroen Dijsselbloem (Eurogruppo) e Martin Schulz (Europarlamento), stanno da tempo lavorando sul tema.
Ma l’assenza di precedenti rende imprevedibili le conseguenze di una Grexit. Tsipras è diventato il simbolo dei movimenti contrari all’Europa dei banchieri e delle misure di austerità. Vuole una riduzione del 30% del debito greco e nuovi prestiti per rilanciare l’economia. Accusa i piani con misure di austerità imposti alla Grecia dalla troika dei creditori perché orientati a salvare banche private (soprattutto tedesche e francesi) trasferendo sugli Stati le loro esposizioni elleniche ad alto rischio. E perché avrebbero aggravato la recessione, la disoccupazione e l’impoverimento dei greci fino a livelli da emergenza umanitaria.
I vertici della Germania e delle istituzioni Ue rivendicano il diritto dei creditori a rientrare dei loro prestiti e che questo può avvenire solo attuando riforme strutturali con severe misure di austerità.
Oggi, nel referendum, i greci devono scegliere tra queste due visioni opposte delle politiche economiche e dell’Europa.