sabato 4 luglio 2015

Corriere 4.7.15
Renzi e l’«alleanza» a trazione tedesca per frenare le forze antisistema
Tutti i timori di Palazzo Chigi. E il premier vuole superare l’austerity
di Francesco Verderami


Era di Tsipras, è diventato della Merkel, che sul referendum greco è come se avesse posto la fiducia ai partner europei.Così la cancelliera tedesca ha trasformato l’azzardo di Atene in una scommessa sul futuro dell’Unione, a cui nessun capo di Stato e di governo si è potuto sottrarre. Perché — come ha raccontato Renzi di ritorno da Berlino — «chiunque si fosse sfilato, avrebbe decretato la fine dell’Europa», e forse anche la propria fine. La sfida lanciata da Syriza, infatti, non si gioca nelle pieghe delle regole comunitarie o sui numeri del debito. È piuttosto una sfida politica che travalica i confini greci e rischia di provocare un effetto domino in tutto il Vecchio Continente. Perciò la Merkel si è impossessata del referendum e ha posto la fiducia, perciò nessuno si è «sfilato».
Dinnanzi al pericolo di una destabilizzazione dell’Europa, le forze di governo dell’Unione — di estrazione popolare e socialista — si sono quindi coalizzate, auspicando la vittoria del «sì» al referendum. La sconfitta di Tsipras si porterebbe appresso un ridimensionamento dei movimenti anti-euro, e si trasformerebbe in una sorta di messaggio preventivo rivolto a Podemos in Spagna, al Front National in Francia, alla Lega e al movimento Cinquestelle in Italia, che non a caso si sono schierate a fianco di Syriza per il «no».
Ad Atene si combatte lungo una frontiera che passa per Madrid, per Parigi, per Roma. Ma anche per Berlino. «Il referendum in Grecia — come ha detto ieri il titolare del Viminale in una pausa del Consiglio dei ministri — si va sempre più qualificando come una battaglia tra le forze di sistema e le forze anti-sistema in ogni singolo Paese e dunque in tutta Europa». Certo, con la moneta unica si è andata sempre più riducendo la sovranità degli Stati e il pericolo di un rigurgito dei nazionalismi è presente. Ma l’auspicio che accomuna la «coalizione degli europeisti» è che l’opinione pubblica sappia cogliere il messaggio proveniente da Atene.
Si spera cioè che le drammatiche immagini delle file ai bancomat, la foto del pensionato ritratto per terra in lacrime, quel clima da economia di guerra, servano a rovesciare l’idea che ha attecchito soprattutto nelle fasce di popolazione meno abbiente, dove i movimenti «anti-sistema» fanno incetta di consensi accusando l’Europa di affamare i popoli. «È il contrario», secondo Renzi: è rimanendo fuori dell’Europa che non c’è sviluppo nè benessere. Tuttavia il premier italiano ritiene che il «caso greco» debba servire nel prossimo futuro per «cambiare verso» a Bruxelles.
Confida che il referendum segni la vittoria del «sì», ma una volta superato questo scoglio «andrà aperto un confronto per il superamento delle politiche di austerità». Ha sollevato la questione durante il colloquio con la cancelliera tedesca e ne ha fatto cenno anche in conferenza stampa, quando — dopo aver annunciato la propria adesione alla «coalizione degli europeisti» — ha sottolineato che con la Merkel «non la pensiamo allo stesso modo su tutto». Fermare l’avanzata dei movimenti «anti-sistema» sarà forse possibile domani ad Atene, ma per quanto tempo ancora l’Europa reggerebbe?
L’esito della sfida referendaria, peraltro, è tutt’altro che scontato. E nelle cancellerie europee, alla vigilia, si avverte la stessa ansia che regna a via XX Settembre: al di là delle frasi di circostanza e rassicuranti pronunciate dal ministro Padoan, tutti sono infatti preoccupati che — in caso di vittoria del «no» — il contagio si propaghi nei Paesi dell’Unione. Il timore non è economico, è politico: se si affermasse il principio della «reversibilità» del progetto europeo, si aprirebbe un varco alle spinte speculative. Se non esiste un «piano B» è perché non può esistere. Nessuno può tracciare una rotta in un mare «ignoto».
Ecco il motivo per cui la Merkel ha deciso di strappare il referendum a Tsipras, sebbene la scommessa della cancelliera tedesca in fondo si equivalga all’azzardo del premier greco. «Ma non si poteva fare diversamente», spiegano esponenti del governo italiano, a meno di non voler lasciare campo aperto alle «forze anti-sistema». Argomento, questo, che da tempo impegna i vertici europei nelle discussioni «fuori agenda». Ce n’è traccia nei resoconti di una riunione a Bruxelles, durante la quale un ministro tedesco ha spiegato ai colleghi — senza giri di parole — che «dietro queste formazioni si scorge l’ombra dei finanziamenti russi. Per noi a Berlino è più che un sospetto».
Più o meno è lo stesso ragionamento che un autorevole dirigente del Pd giura di essersi sentito fare in questi giorni da un ambasciatore occidentale in Italia: «La Russia ha un ruolo nella vicenda greca», secondo il diplomatico. In ballo ci sarebbe anche la «questione dei gasdotti». Domani Atene aprirà le sue cabine elettorali, che saranno altrettanti confessionali: perché nessuno in Europa può dirsi senza colpa.
Francesco Verderami