mercoledì 15 luglio 2015

Corriere 15.7.15
L’ambasciatore del Reich ucciso a Mosca nel 1918
risponde Sergio Romano


Nella biografia del filosofo Emanuele Severino Il mio ricordo degli eterni, il professore ricorda nel libro una visita con la moglie presso l’ambasciata italiana in Russia e di aver visto la stanza dove fu assassinato nel 1918 l’ambasciatore Wilhelm von Mirbach. Lei che ha conosciuto quegli ambienti, può dirmi come andarono le cose e per quali ragioni fu ucciso l’ambasciatore?
Andrea Sillioni

Caro Sillioni,
Quando fu assassinato da due socialisti rivoluzionari nel luglio del 1918, Wilhelm von Mirbach non era soltanto l’ambasciatore del Reich nella capitale dello Stato creato da Lenin qualche mese prima. Aveva preso parte ai negoziati per il Trattato di Brest Litovsk, con cui la Russia aveva accettato le dure condizioni di pace imposte dalla Germania (fra le quali importanti forniture di materie prime) ed era a Mosca anche per accertare che quelle condizioni fossero rispettate. I due assassini non avevano motivi personali. Erano socialisti rivoluzionari, membri di un partito che non approvava l’accordo con la Germania ed era convinto che soltanto la continuazione del conflitto avrebbe permesso alla rivoluzione di contagiare l’intero continente. L’assassinio di Mirbach aveva per l’appunto questo scopo: provocare le reazioni tedesche e accendere la miccia di un nuovo conflitto. Uno di essi, Jakov Bljumkin, era agente della Ceka (l’antenato del Kgb), l’altro, Nikolaj Andreev, era fotografo. Misero in atto il loro disegno mentre era in corso al Teatro Bolshoi la grande assemblea pan-russa dei Soviet.
Quando giunsero all’ambasciata di Germania (un palazzo destinato a diventare, qualche anno dopo, l’ambasciata d’Italia), dissero a un giovane segretario che avevano notizie sulla sorte di un nipote di Mirbach, caduto prigioniero delle truppe zariste durante la guerra, di cui si erano perdute le tracce. Mirbach accettò di vederli, li raggiunse in un salotto del piano rialzato, li fece accomodare su due poltrone e si dispose ad ascoltarli. Ma Bljumkin trasse dalla borsa una pistola e gli sparò a bruciapelo. Benché ferito, Mirbach cercò di correre verso la grande scala che saliva ai piani superiori, ma fu colpito più volte alle spalle. Per fuggire Bljumkin e Andreev gettarono una bomba a mano contro una delle finestre, saltarono nella strada e riuscirono a dileguarsi. Nelle ore seguenti, dopo momenti di confusione e smarrimento, i bolscevichi riuscirono a neutralizzare i socialisti rivoluzionari e a riprendere in mano il controllo della situazione.
Restava il problema dai rapporti con la Germania. Come avrebbe reagito all’assassinio del suo ambasciatore? Di malavoglia, a quanto pare, Lenin accettò di andare all’Ambasciata per deplorare pubblicamente la morte di Mirbach. Berlino accettò le scuse e continuò ad approfittare delle forniture russe sino al crollo del suo fronte occidentale, quattro mesi dopo.
Mentre vivevo a Mosca e abitavo in quella casa, fu girato un film storico sulla vicenda con alcuni fra i migliori attori della cinematografia sovietica. Ma gli ambienti dove ebbe luogo l’attentato furono ricostruiti in uno stile alquanto diverso da quello originale. Se ci avessero interpellati, avremmo potuto assicurare alla rappresentazione dell’attentato un maggiore realismo.