sabato 11 luglio 2015

Corriere 11.7.15
Il governo e la campagna d’autunno per puntellarsi
di Massimo Franco


Matteo Renzi sta preparando la campagna di settembre. La riunione di quello che a Palazzo Chigi è definito «gabinetto di guerra» si è svolta qualche giorno fa. E a sorpresa, è emersa la sua convinzione che i numeri del governo siano destinati a consolidarsi, non a diminuire: a cominciare proprio dal Senato. Non ci sarebbe soltanto la fronda dei parlamentari di Denis Verdini dentro Forza Italia. Renzi e la sua cerchia intravedono uno sfaldamento anche in altri gruppi; e perfino qualche segnale da alcuni settori della minoranza del Pd. Per questo, tra i partecipanti la previsione è che a settembre, quando si voterà la riforma del Senato, il testo cambierà assai poco.
Ma soprattutto, il presidente del Consiglio sta delineando una strategia che prevede un’insistenza crescente nei confronti dell’Europa in materia di crescita; una legge di stabilità che non esclude provvedimenti tali da sfidare i vincoli del 2,8 per cento nel rapporto fra deficit e Pil; e un’offensiva referendaria per la primavera del 2016, che si salderà con le elezioni comunali in alcune gradi città. Ieri, una qualche eco di questo approccio si è avuta nella sua conferenza stampa: lì dove ha avvertito che nessuno può pensare «che dopo avere fatto le riforme a casa nostra l’Italia vada con la faccia soddisfatta in Europa».
«Possiamo dire o no», ha chiesto, «che un’Europa che si basa solo sui parametri non esiste? Ecco qual è la discussione dei prossimi mesi». Lo schema è chiaro. Sulla possibilità che prevalga occorre mantenere la cautela. FI assicura di essere contraria a Renzi e al governo; e nega la rinascita del Patto del Nazareno con Berlusconi, descrivendo un premier «impantanato, messo al palo dalla sua minoranza». E chiede una modifica della riforma del Senato che preveda l’elezione diretta. L’ipotesi incrocia quella dei 25 dissidenti del Pd, che l’hanno proposta.
L’incognita, dunque, rimane nelle file della sinistra. L’approvazione del testo sulla scuola ha lasciato segni di nervosismo tra il governo e un pezzo della sua maggioranza. Si parlava della possibilità che Renzi recuperasse l’unità del Pd, riesumando il «teorema» vincente per portare al Quirinale Sergio Mattarella. Per ora, però, la sensazione è che cresca la divergenza tra il partito tradizionale e quello renziano. Per questo ci si chiede se, per avere i numeri, il premier a Palazzo Madama preferirà fare affidamento sui transfughi di altre forze.
E, in questo caso, quale prezzo pagherebbe. Ufficializzare l’appoggio della componente di Verdini accentuerebbe l’irritazione nelle file del Pd. La stessa insistenza di Palazzo Chigi sulla comunicazione sbagliata del partito rappresenta un riconoscimento implicito delle difficoltà dell’esecutivo. Che in questa fase appaia indebolito, non lo dicono solo i sondaggi. Ma Renzi rivendica riforme e posti di lavoro, e accusa: « Se le avessero fatte quelli prima di noi, la nostra economia oggi sarebbe più forte».Vuole ribadire in anticipo che nel futuro ci sarà ancora lui .