venerdì 5 giugno 2015

Repubblica 5.6.15
Orange via da Israele l’ira di Netanyahu


GERUSALEMME . È diventato uno scontro fra governi, quello francese e quello israeliano, la frase pronunciata ieri dall’Ad di Orange, il gigante francese delle telecomunicazioni, accusato di essersi schierato a favore del boicottaggio dello Stato ebraico. Parlando mercoledì dal Cairo, Stephane Richard aveva sostenuto che se fosse stato per lui, Orange avrebbe interrotto immediatamente i legami con Partner, l’azienda affiliata in Israele, ma che non voleva «esporre Orange a un livello di rischio e di penali veramente considerevole per la società ». Immediata la reazione israeliana che nel corso della giornata è andata avanti in un crescendo — prima l’ambasciatore a Parigi, poi il ministro Regev, poi Naftali Bennett — per arrivare in serata alle parole del premier Netanyahu che ha definito «miserabile» la decisione della compagnia di lasciare Israele e ha chiesto al governo francese il licenziamento di Richard. In realtà la decisione di Orange non cambia la sostanza: il gigante francese ha solo ceduto per il mercato israeliano il suo brand alla Partner, azienda saldamente controllata da imprenditori ebrei.
Ma in Israele in queste settimane si teme una crescita di eventuale boicottaggio culturale ed economico, misure decise dall’Europa e altri Paesi per la mancanza di risultati nelle trattative di pace con i palestinesi e la prosecuzione nella costruzione delle colonie. Federica Mogherini l’ha ricordato a Netanyahu nel loro incontro due settimane fa: i prodotti provenienti dalle colonie non potranno più essere venduti in Europa con la dizione “Made in Israel”, ma un’etichetta indicherà che vengono dai Territori occupati. Diverse banche europee hanno già chiuso i rapporti con le banche israeliane che operano oltre la “Linea Verde”. Nelle ultime settimane in un rapporto alcune ong hanno chiesto al governo francese di intervenire per mettere un termine all’accordo tra Orange e Partner. Indirettamente, sostenevano, Orange con questa partnership si renderebbe complice dell’occupazione palestinese in Cisgiordania, poiché la rete copre anche gli insediamenti israeliani dove vivono oltre 500 mila settlers.