giovedì 4 giugno 2015

Repubblica 4.6.15
“No alla veglia davanti all’ospedale” E Bologna si divide sugli anti-abortisti
Il sindaco: “Il prefetto pronto a vietarla” I pro-life protestano: “Censura stalinista”
di Michele Smargiassi


BOLOGNA Reato di preghiera sediziosa e nociva all’ordine pubblico? La politica bolognese è appesa alla firma del prefetto Ennio Maria Sodano sotto un decreto che vieterà le manifestazioni politiche davanti a luoghi sensibili come ospedali e campi nomadi. Ma l’annunciata preghiera antiabortista di nove ore è una manifestazione politica? A quanto pare sì, e del tipo peggiore, secondo il Pd: un’intimidazione contro le donne. E va allontanata.
Tutto accade perché per sabato 13 giugno il comitato “No 194” del battagliero avvocato prolife Pietro Guerini ha convocato a Bologna un incontro nazionale contro l’aborto, da tenersi in forma di maratona orante (con corredo di foto di aborti e feti in croce) davanti all’Ospedale Maggiore. Non è una gran novità per Bologna, dove da tempo gruppi religiosi antiabortisti si trovano ogni martedì sul marciapiede davanti alla clinica ostetrica dell’altro ospedale cittadino, il Sant’Orsola, intonando serenate di rosari e novene sotto le finestre delle donne che attendono un intervento legale di interruzione di gravidanza.
Bene, pare che il partito di governo, qui, abbia deciso di dire basta. L’idea dell’ordinanza si è affacciata in una recente riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza, sede istituzionalissima. Chi l’abbia proposta non è chiaro, però il Pd l’ha rivendicata subito pubblicamente, e lo stesso sindaco Virginio Merola se l’è intestata annunciando che «il prefetto ha già predisposto l’atto, non sarà più possibile manifestare davanti a ospedali e campi rom per rispetto delle persone che vi si trovano». Brucia ancora la guerriglia urbana che si scatenò in novembre quando Matteo Salvini venne a “ispezionare” il campo nomadi di via Erbosa (la Lega infatti si sta innervosendo). Però i primi bersagli del divieto non saranno gli xenofobi, bensì gli anti- abortisti.
Che ovviamente reagiscono malissimo. Annunciando ricorsi e gridando alla «censura di stampo stalinista». A dar loro man forte, Forza Italia minaccia di chiedere al ministro Alfano le dimissioni del prefetto. E ieri, anche un commento in grande evidenza su Il Foglio dell’ex direttore Giuliano Ferrara: che pur non condividendo del tutto le posizioni del comitato («Sono contro l’abrogazione della 194, la mia battaglia è laica, per la dissuasione, contro l’aborto come servizio sociale e come diritto civile»), rivendica volterrianamente il loro diritto alla pubblica protesta: «Lasciarglielo fare è normale, vietarlo è scandaloso», addita il Pd e Bologna come roccaforti del «pensiero unico abortista» e invita le « dissenting opinions » del partito di Renzi a farsi sentire.
Invece, mentre la Curia attende prudente, si fanno avanti i consensi al decreto: la Cgil plaude all’iniziativa contro “integralismo e intolleranza” e paventa la presenza di Forza Nuova, come il 15 aprile scorso a Milano. E il Pd reagisce come ai tempi del referendum: «I veri abortisti siete voi, perché senza legge c’è solo l’aborto clandestino», scandisce in consiglio comunale il democratico Corrado Melega, ex direttore della clinica ostetrica del Maggiore e padre dei consultori bolognesi, che all’«invettivologo» Ferrara snocciola le cifre del successo della 194: «In cinque anni le interruzioni di gravidanza sono scese da 1.617 a 1.227, con un calo del 24%, e la rete dei consultori pubblici qui segue il 70% delle gravidanze». Quella programmata davanti al Maggiore, dunque, «non ha nulla di evangelico ma è una provocatoria manifestazione politica che umilia e colpevolizza le donne». Quindi il Pd chiede al Prefetto non di vietarla, ma certo di allontanarla dai “luoghi sensibili”. Ferrara ribatte ironico: «Se scioperi contro i licenziamenti, lo fai davanti ai cancelli della fabbrica…».
Tutto, dunque, dipende dalla decisione del prefetto, che è forse meno scontata di quanto il sindaco abbia lasciato pensare. Di certo non arriverà prima che abbia sentito, venerdì prossimo, le forze politiche e sociali convocate appositamente per un’istruttoria sul caso: insomma, se divieto sarà, la responsabilità dovrà essere politicamente condivisa. «Non siamo stati invitati», ribatte gelido Guerini, che però sta predisponendo un piano B: ottenere in alternativa una piazza importante per la manifestazione, non rinunciando a una preghiera almeno simbolica davanti all’ospedale, magari affidata a una persona sola.
Un inatteso ritorno di fiamma laicista, dunque, nella città dove un referendum sui finanziamenti alle scuole cattoliche, vinto dal “no” benché senza quorum, è stato sonoramente ignorato dalla giunta, e dove una parte del Pd fa pressione perché il Comune sfratti il Cassero, primo circolo gay italiano, che ultimamente fa molto arrabbiare la Curia. Ma le grandi manovre per le elezioni comunali del 2016 sono in pieno svolgimento e Merola, la cui ricandidatura traballa assai, proprio ieri ha rivendicato «a Bologna la sinistra sono io». Può darsi che a Bologna, paradossalmente, il voto cacci la preghiera.