Repubblica 3.6.15
L’astensione dei disillusi colpisce nelle regioni rosse
di Silvio Buzzanca
ROMA I seggi sono chiusi, i voti contati, impazzano le analisi politiche sul voto delle 7 regioni di domenica. Ma il buco nero dell’astensionismo, il rifiuto del voto che ha colpito quasi metà degli elettori, è sotto gli occhi di tutti. Si è presentato al seggio infatti, solo il 53,9% dei 18.976354 aventi diritto. Cioè 10.228.250 votanti. Cosa che preoccupa molto la presidente della Camera Laura Boldrini che considera «l’astensionismo la cosa più terribile».
L’Istituto Cattaneo ha cercato di fare luce in questo tunnel in cui è entrata la democrazia italiana ed è giunto alla conclusione che «si è trattato di un forte calo, anche se va sottolineato come l’ipotesi più pessimistica di una replica del crollo del 2014, quando si votò in Emilia Romagna e Calabria, non si sia verificata nonostante tutte le condizioni sfavorevoli fossero presenti». Tuttavia «la lettura dei risultati mostra come l’astensione sia divenuta per la prima volta l’opzione maggioritaria o prossima ad esserla in diverse regioni del paese».
I ricercatori Dario Tuorti e Maria Regalia hanno messo insieme le serie storiche del voto regionale confrontandolo con quello per le politiche ed europee. E alla fine cifre e grafici rivelano che l’astensionismo alle Regionali è ormai di lunga durata. Ma soprattutto che domenica si è manifestato in maniera più forte nelle “regioni rosse”. Il primato è della Toscana, dove rispetto alle politiche del 2013 c’è un calo dell’affluenza del 30,9%. Il raffronto con le Europee dell’anno scorso dice meno 18%. Anche nelle Marche manca all’appello il 30% per cento dei votanti delle politiche e il 15,8% delle Europee. E in Umbria le due percentuali dicono meno 24,1% e meno 15,1%. E anche in Liguria la disaffezione si è fatta sentire con un meno 10 per cento rispetto alle due precedenti tornate elettorali.
Tuorti spiega che «il fenomeno si spiega con il fatto che in queste regioni c’erano aspettative molto elevate che sono state tradite. Ovviamente incidono anche la crisi che va avanti dal 2008 e gli scandali che hanno colpito i consigli regionali, la delegittimazione complessiva dell’istituto regionale». E in effetti, dicono al Cattaneo, anche se potrebbe sem- brare un paradosso, gli elettori oramai percepiscono più importanti le elezioni Europee che quelle regionali.
Tuttavia, continua Torti, il dato di sostanziale stabilità delle regioni meridionali non si spiega con «un possibile voto clientelare nelle regioni meridionali perché i margini per queste pratiche non esistono quasi più». E dunque il primato negativo del centro nord può trovare spiegazione in un fenomeno più generale.
«Nel passato - spiega Tuorti . una certa astensione esprimeva una forma di protesta verso il partito di appartenenza, un messaggio di disapprovazione. C’era insomma una forma di partecipazione attiva anche nell’astensione e si poteva tranquillamente tornare a votare al turno successivo». Oggi, continua il ricercatore del Cattaneo «siamo di fronte ad una massa di elettori che scivolano dall’astensionismo “attivo” verso l’altra forma, quella dell’apatia che tende a tenerli costantemente lontano dai seggi. I cittadini cominciano ad essere sempre di più disillusi davanti alla mancanza di risposte».
La cosa grave di questo fenomeno continua il ricercatore del Cattaneo, «è che l’astensionismo non è distribuito equamente fra le diverse fasce degli elettori, ma rappresenta solo certe fasce sociali che coinvolge disoccupati, marginali non garantiti». Un massa di cittadini che il sociologo Emanuele Ferragina chiama «la maggioranza invisibile» e quantifica in 23/25 milioni di elettori.