martedì 2 giugno 2015

Repubblica 2.6.15
L’appello dei Nobel “Una minimum tax contro i trucchi delle multinazionali”
Da Stiglitz a Krugman parte una denuncia contro il “principio delle entità separate” che consente ai colossi del web di pagare aliquote irrisorie: “Derubano ed esasperano
le disuguaglianze nei redditi”
di Federico Rampini


TRENTO «Le nazioni sviluppate devono imporre la minimum corporate tax — dice il premio Nobel dell’Economia Joseph Stiglitz — è questo l’unico modo per fermare la gara al ribasso, la corsa a chi paga meno tasse». Stiglitz usa la platea del festival dell’Economia di Trento per lanciare un’iniziativa che ha dietro di sé un’ampia coalizione internazionale di forze. L’obiettivo dell’appello: mettere fine alla gigantesca elusione fiscale delle multinazionali, con casi eclatanti come Apple e Google, regine di Wall Street, macchine da profitti multimiliardarie, che riescono a pagare aliquote fiscali vicine allo zero. Colpa dei governi che consentono queste scappatoie legali. Ma chiuderle si può, e il vantaggio sarebbe enorme: consentirebbe di reperire nuove risorse per lo sviluppo, e di abbassare la pressione fiscale sul ceto medio. L’annuncio del premio Nobel indica una strategia concreta, e i primi passi sono realizzabili a breve termine. L’abuso legalizzato da parte delle multinazionali viene indicato come une delle emergenze economiche del nostro tempo.
Stiglitz è a Trento dove lo hanno raggiunto altri premi Nobel che condividono le sue idee, come Paul Krugman. L’iniziativa che Stiglitz annuncerà stasera, e che ha illustrato in anteprima a Repubblica , è sostenuta dalla neonata Indipendent Commission for the Reform of International Corporate Taxation (Icrict). Tra i promotori iniziali c’è un vasto arco di forze, dalla società civile alle ong, agli esperti di importanti organizzazioni economiche sovranazionali. Vi figurano José Antonio Ocampo, già vicesegretario Onu e ministro delle Finanze della Colombia, l’europarlamentare francese Eva Joly che da giudice condusse le indagini sulla prima tangentopoli parigina, Rosa Pavanelli, Jayati Ghosh, e ong come Action Aid, Christian Aid, Oxfam, The Global Alliance for Tax Justice, The World Council of Churches, Terre Solidaire, The Council for Global Unions.
La dichiarazione globale dell’Icrict, spiega Stiglitz, punta a una riforma essenziale: «Le imprese multinazionali agiscono come entità uniche e come tali devono essere tassate». Per quanto possa sembrare strano, al giorno d’oggi questo non accade affatto. Come spiega il premio Nobel, «siamo in una finzione legale, vige il cosiddetto principio delle entità separate». Per il non esperto: una multinazionale pur avendo un bilancio consolidato di tutte le proprie attività, è libera di apparire come tante aziende diverse tra loro, agli occhi del fisco. Un conche trosenso, che ovviamente non si applica al comune contribuente: quest’ultimo sarebbe felice di poter suddividere il proprio stipendio intestandolo a tante controfigure di se stesso, in modo da scendere al di sotto della soglia minima imponibile. È proprio in virtù di questo principio pressoché universale, se applicato alle multinazionali, che Apple può scorporare una filiale in Irlanda in modo che sia tassata al 2% sui profitti, poi travasare in quella sede di Dublino gli utili che fa in altre parti del mondo. I Padroni della rete, cioè i giganti dell’economia digitale, hanno attirato l’attenzione su di sé in virtù della loro straordinaria ricchezza di profitti; ma questi comportamenti elusivi sono diffusi anche alla Old Economy, comprese multinazionali italiane come la Fiat Chrysler (Fca).
Tutto legale, finora, in base al principio delle “entità separate” denunciato da Stiglitz e preso di mira dalla dichiarazione dell’Icrict. Naturalmente si sa riformare queste leggi non sarà semplice. Le lobby delle multinazionali sanno difendere i propri privilegi, nelle singole capitali, o nelle capitali federali come Bruxelles e Washington. Loro alleati sono quei liberisti che vedono la “concorrenza fiscale” tra Stati come un fenomeno virtuoso. Per questo la dichiarazione Icrict si dà una tappa intermedia, quella “minimum tax” sulle multinazionali che sarebbe il primo passo verso l’eliminazione completa dei loro privilegi.
«L’abuso fiscale delle multinazionali — denuncia la dichiarazione che verrà letta oggi da Stiglitz a Trento — aumenta la pressione fiscale sugli altri contribuenti, viola i doveri civici delle imprese, deruba nazioni sviluppate e in via di sviluppo delle risorse cruciali per combattere la povertà e finanziare i servizi pubblici, esaspera la diseguaglianze nei redditi». L’Icrict appoggia un’iniziativa in corso presso l’Ocse, l’organizzazione con sede a Parigi che riunisce tutti i paesi sviluppati: quest’ultima su incarico del G20 sta lavorando ad un’intesa «contro l’erosione fiscale e la delocalizzazione dei profitti». E tuttavia non è sufficiente: l’appello di Trento spiega infatti che l’Ocse non ha potere decisionale e non è sufficientemente rappresentativa a livello globale (per esempio per la manca dei Brics, i colossi emergenti).
L’obiettivo finale dell’iniziativa lanciata dall’Icrict è «l’abolizione del principio delle entità separate», cioè il fondamento giuridico della finzione di cui sopra, quelle che consente alla multinazionale di rivestire molteplici identità: una, nessuna e centomila.
Ancora qualche anno fa un appello del genere poteva sembrare nobile ma irrealistico. Qualcosa però sta cambiando. Basta vedere alla rivoluzione accaduta nei rapporti fra Stati Uniti e Svizzera sul fronte del segreto bancario, della fiscalità, dei trattati di estradizione. Lo scandalo Fifa ha messo in scena lo spettacolo, impensabile fino a pochi anni fa, di una Svizzera che esegue docilmente le istruzioni venute da Washington. Il principio della concorrenza fiscale, che per i liberisti doveva premiare gli Stati più efficienti e meno spreconi, si è tradotto nelle parole di Stiglitz in una “gara al ribasso” in cui tutti stanno perdendo gettito e risorse.