martedì 2 giugno 2015

Repubblica 2.6.15
Massimo Cacciari
“Il modello Renzi è un partito gassoso ridotto a una pura corrente d’opinione”
“Il Pd è senza radici nei territori: il premier ha i suoi fedeli e basta. Con risultati peggiori di quelli dei suoi predecessori”
intervista di Tommaso Ciriaco


«Cos’è il Pd, oggi? È solo il partito di Renzi. Dietro non c’è nient’altro». L’analisi di Massimo Cacciari è spietata. Senza sconti, a partire dalla questione settentrionale: «La Lega rappresenta qualcosa di reale, il Pd nulla. È solo una grande corrente d’opinione renziana».
Professore, qualcuno aveva detto: “Sarà un referendum su Renzi”. Se è davvero così, il premier l’ha perso?
«Ma quale referendum su Renzi? Lui ha fatto campagna elettorale solo il minimo indispensabile. Quindi non è stato un referendum su di lui. Le considerazioni da fare sono altre».
Proviamoci. Partendo naturalmente dal Pd, per molti osservatori il grande sconfitto di questo voto regionale.
«Primo dato: dove non c’è Renzi a correre in prima persona, il Pd è un partito allo stato gassoso. Neanche liquido, proprio gassoso. Non ha una struttura organizzata, manca di un radicamento territoriale. Insomma, non ha niente, In Veneto il risultato della Lega è pazzesco. E in Liguria ha vinto Toti... Non un Berlusconi in forma, ma Toti, non so se mi spiego. Una cosa fantascientifica».
Non è impietoso? In fondo il Pd resta il primo partito.
«Il Pd dovrebbe riflettere. Ha raccolto percentuali forse peggiori di quelle di Fassino, Veltroni, Bersani e compagnia».
Cosa ha sbagliato Renzi?
« Non è che Renzi ha sbagliato qualcosa: questa è la sua cultura. Il partito è una corte di fedeli che lui paracaduta una volta in Veneto, un’altra in Liguria. Questo è Renzi».
E non può fare nulla per cambiare?
«O Renzi cambia strategia, oppure auguriamoci che riesca ancora a vincere da solo...».
Ma ha vinto in cinque regioni.
Questo non conta?
«Dove vince, vincono ras locali come Emiliano e De Luca, che c’entrano con Renzi come c’entro io con la Mongolia esterna. E d’altra parte perché stupirsi? Questo modello di partito è nella filosofia di Renzi, corrisponde alla sua concezione dei partiti e dei sindacati. Ecco, chi semina vento raccoglie tempesta».
Eppure per molti i dem rappresentano l’unico partito nazionale. Ancora senza alternative. Condivide?
« Per ragioni storiche Renzi si limita a convogliare su di sé una grande corrente d’opinione pubblica. Ci sono industriali, giornali e persone ragionevoli che dicono: che devo fare, c’è Renzi, chi c... voto altrimenti? Ma è un ragionamento di bassissima real politik».
Almeno nelle Regioni rosse ha vinto.
«Dove vince, vince con il cavallo di Caligola perché dall’altra parte non c’era nulla. Ma la questione settentrionale riesplode prepotentemente, con la Lega che in Toscana è al 16% e sopra il 10% nelle altre regioni centrali. La prospettiva è drammatica. E i grillini tengono bene, rispetto alle ultime tornate».
Nel suo Veneto la Lega ha raggiunto vette stratosferiche e
il Pd è precipitato. Sorpreso?
« Il dato del Veneto è epocale. Strepitoso. Con la somma dei voti della Lega, della lista Zaia e di Tosi, l’area leghista è al 60%. E il Pd, invece? Ricordo che il Pci non era mai andato così male. Anche quando aveva di fronte la grande balena bianca veneta, quella di Rumor, raccoglieva il 15 o 16%. E qualitativamente non c’era paragone, rappresentava settori importanti della classe operaia. Oggi invece c’è solo un generico voto d’opinione che non rappresenta nulla. C’è gente come me che vota Pd solo perché lo vota da una vita».
Qual è la ricetta vincente del Carroccio?
«La Lega, come partito, ha una vera organizzazione. Ha perfino fatto dimenticare che Zaia era il vice di Galan, superando la catastrofe di quella classe dirigente. E Renzi? Neanche lui ragiona di autonomia e federalismo, temi sollevati e poi subito messi da parte da Bersani, D’Alema, Fassino. E d’altra parte è la vecchia classe dirigente ad aver prodotto Renzi».
Professore, nel Pd sarà scissione? E il governo rischia?
«Guardi, la sinistra non c’è. La lista Tsipras è sparita. Se Pastorino avesse preso il 20%, allora sarebbe stato un altro discorso, con la prospettiva che ipotizzava. Ma così no, cosa vuole che possa succedere? Assolutamente nulla».