Repubblica 22.6.15
La battaglia della bandiera che divide la destra americana
La strage in South Carolina ha riacceso la polemica sul vessillo della Confederazione, un simbolo di razzismo tollerato in molti Stati del Sud In ballo ci sono milioni di voti, decisivi nella prossima corsa alla Casa Bianca
di Alexander Stille
NEW YORK LA bandiera della vecchia Confederazione del sud è tornata al centro delle controversie qui negli Stati Uniti dopo il massacro di nove persone in una chiesa nera di Charleston, in South Carolina. L’assassino, Dylann Roof, si era fatto fotografare con il simbolo della ribellione secessionista. Inoltre la bandiera ha continuato a sventolare sul Campidoglio dello Stato di South Carolina anche dopo la strage: alla comunità nera (e non solo) quella presenza è sembrato un insulto alle vittime e una legittimazione del razzismo che ha prodotto l’attacco.
I suoi difensori insistono che la bandiera rappresenta solo la tradizione e un rispetto per gli antenati ma i leader repubblicani cominciano a parlare della necessità di rimuoverla dai luoghi pubblici. Mitt Romney – ora che non è più candidato – ha denunciato il vessillo come «simbolo dell’odio razziale». Jeb Bush ha spiegato che nella sua Florida hanno spostato la bandiera dal Campidoglio al museo. John Mc-Cain, il candidato repubblicano nel 2008, ha ammesso che ha tradito i suoi principi rimanendo zitto sulla bandiera durante la campagna elettorale per non alienare gli elettori bianchi del South Carolina.
La bandiera della Confederazione e il suo significato rivela la polarizzazione del paese attorno alle questioni razziali. Circa 49 per cento degli americani, secondo un sondaggio recente, vede la bandiera con la croce come un simbolo del razzismo mentre un altro 49 per cento la vede come espressione di orgoglio regionale. La polarizzazione è ancora più marcata tenendo conto della razza: 81 per cento dei neri considera il simbolo razzista contro il 41 per cento dei bianchi.
Con l’elezione di Barack Obama, il primo presidente nero, molti si sono convinti che gli Stati Uniti fossero ormai entrati nell’era “post-razziale”. È sempre più evidente che non è così e che, semmai, la presenza di un presidente nero he risuscitato sentimenti di odio razziale che sembravano in declino. Allo stesso tempo molti americani sono in uno stato di negazione psicologica riguardo al razzismo, come lo sono sul significato della bandiera della Confederazione. Del resto, il 48 per cento degli americani è convinto che la guerra di secessione fu condotta per proteggere i diritti degli Stati e solo 38 per cento a causa della schiavitù. Questo in barba al fatto che i promotori della secessione parlarono molto chiaro. «Il nero non è uguale al bianco; la schiavitù è la condizione naturale e normale», disse il vicepresidente della Confederazione.
Si tende a dimenticare che la bandiera della Confederazione è stata ripresa e incorporata nelle bandiere dei singoli Stati in un momento molto preciso: negli anni ‘50, quando il movimento per i diritti civili ha cominciato a prendere quota. Lo Stato di Georgia ( che ha minacciato di chiudere le sue scuole piuttosto che integrarle) ha, allo stesso tempo, ridisegnato la sua bandiera per metterci dentro la croce della confederazione nel 1956. Il governatore dello Stato di Alabama George Wallace ha cominciato a sventolare la bandiera secessionista nel 1963, quando stava per arrivare il ministro della Giustizia Robert Kennedy per chiedere che le università fossero aperte agli studenti neri.
Negli ultimi 50 anni si tende a dimenticare questa storia e per molti americani bianchi la bandiera secessionista si è fusa con un senso di insofferenza nei confronti del governo federale, visto come invadente e dispendioso. In questo stesso periodo c’è stato uno dei più grandi spostamenti elettorali nella storia americana: quando Lyndon Johnson varò il Civil Rights Act disse «abbiamo perso il Sud».
Ed effettivamente il Sud che ha votato massicciamente per i democratici fin dall’800, ora vota in maniera altrettanto monolitica per i repubblicani. Nel 2012, solo il 16 per cento dei bianchi del Sud hanno votato per Barack Obama (il 10 per cento in Stati come Mississippi e Alabama). Pochi ammettono la natura razziale del voto. Come è possibile che la stragrande maggioranza dei bianchi scopra da oggi a domani di non amare più la politica economica dei democratici? Erano favorevoli al governo federale quando dava sovvenzioni ai piccoli agricoltori, quando ha portato elettricità alle zone rurali e quando apriva università quasi gratis per i loro figli, ma da quando ha voluto imporre l’integrazione non piace più. Ma si preferisce non affrontare queste forme di razzismo mascherato.
Nel 2006, dopo nuove proteste dell’elettorato nero, l’assemblea del South Carolina è arrivata ad un compromesso, spostando la bandiera dalla cupola del Campidoglio (dove godeva pari dignità con la bandiera americana) a un suo monumento proprio. Anche se i difensori della bandiera insistono che non è un simbolo razzista, la loro difesa è spesso intrisa di razzismo. Rispondendo ai contestatori neri, un senatore della South Carolina ha detto: «Smettete di preoccuparsi dei simboli. Andate a cercare un lavoro».
Forse un possibile effetto positivo di questi mesi di tensione potrebbe essere un confronto più onesto sul razzismo. Come suggerisce Jeb Bush, possiamo consegnare la bandiera della Confederazione schiavista al suo posto naturale: un museo.