mercoledì 17 giugno 2015

Repubblica 17.6.15
Sinistra furiosa: “Le primarie restano”
di Giovanna Casadio


ROMA. «Nelle grandi città dove si andrà a votare vedremo se fare le primarie o no, decideremo...». Un altro alt da Renzi. E ancora tensione nel Pd che scopre, all’indomani dei ballottaggi andati male, che, se fosse per il premier-segretario, «la stagione delle primarie sarebbe finita». Tutti presi in contropiede nel partito. Dal momento che il comitato per discutere delle regole dem ha sì all’ordine del giorno proprio un lifting alle primarie, però una cosa soft. Presieduto da Lorenzo Guerini, il vice segretario, e da Matteo Orfini, il presidente del partito, il comitato ha tra i suoi componenti Andrea De Maria, Sandra Zampa, Fabrizio Barca. E due mesi fa, nell’ultima riunione, ha audito Guglielmo Epifani proprio sulle primarie, dopo avere ascoltato Veltroni, Franceschini, Bersani, cioè tutti gli ex segretari dem.
Critiche sì, un albo degli elettori, maggiori controlli ma nessuno ha mai pensato di fare a meno delle primarie che furono la novità introdotta da Arturo Parisi e Romano Prodi come dna del Pd. La “ditta” bersaniana in seguito, è stata critica e ha rimproverato al leader Bersani di avere sdoganato Renzi nel 2012 introducendo una deroga allo Statuto che ha consentito all’allora sindaco di Firenze di sfidare il segretario. Quella volta Renzi perse però si rifece stravincendo nelle primarie dell’anno successivo, nel 2013. «Per me è importante che quando si tratta di scegliere i candidati per la guida del paese siano i cittadini a scegliere — precisa Renzi ieri — ma in alcune città e regioni le primarie non hanno funzionato».
Sono affermazioni che mandano su tutte le furie la sinistra dem. «Cerca un capro espiatorio», commenta Stefano Fassina che però a sua volta rilancia: «Io sono contrario alle primarie per il segretario del Pd, quello va eletto solo dagli iscritti. Mentre sono insostituibili per le cariche monocratiche, anche se vanno regolate ». Federico Fornaro, senatore della minoranza, giudica «vergognoso» scaricare la responsabilità su Felice Casson e le primarie in Laguna, peraltro «con argomenti che sono falsi».
A Sandra Zampa, portavoce di Prodi e vice presidente del Pd, sembra paradossale l’analisi: «Come se scoprissimo un ladro, e dessimo la colpa alla refurtiva...». In Liguria le primarie sono state «dannose», riflette Orfini e, aggiunge, Casson a Venezia non aveva capacità d’attrazione. «Sono state troppe volte un regolamento di conti tra i gruppi dirigenti — sempre Orfini — Si tratta di usare questo strumento con un diverso timing, non in modo obbligato». E chi le primarie non le ha mai amate come il popolare Beppe Fioroni sostiene che, trattandosi di uno strumento, falliscono quando sono in mano a una politica fragile. Anche Daniele Marantelli, corrente “giovani turchi”, osserva che ci sono stati nodi politici che evidentemente andavano sciolti prima, senza affidarsi alle primarie. Choccanti sono state quelle in Liguria, dopo le quali Sergio Cofferati ha lasciato il Pd accusando Raffaella Paita di averle vinte con i voti della destra. Inesorabili quelle campane con Vincenzo De Luca super vincitore nonostante la spada di Damocle della legge Severino, e quindi la sospensione, sulla testa. Nico Stumpo, sempre della minoranza dem, attacca: «Renzi sta confondendo governare con comandare. Annullare le primarie significa pensare di avocare a sé le scelte». La sinistra del partito ricorda il tormentone “primarie sempre”che Renzi lanciò nel 2012, chiedendo che fossero aperte e accusando i bersaniani di volerle limitare. Marina Sereni chiede una “Leopolda” sul partito. Discussione che s’intreccia a quella sul cambio al vertice del Pd.