lunedì 15 giugno 2015

Repubblica 15.6.15
“Papa Francesco è un fanatico di Borges”
La vedova del grande scrittore argentino svela il rapporto con il papa Bergoglio invitò l’autore dell’“Aleph” a parlare con i suoi studenti
di Alessandro Oppes


MADRID Il Maestro agnostico e il “maestrillo” gesuita. Borges e Bergoglio. Non fu amicizia, come qualcuno si avventurò a ipotizzare sull’onda dell’entusiasmo delle ore successive alla “fumata bianca” che segnò l’ascesa di Francesco al soglio pontificio, quasi che il caso o un disegno divino dovessero unire indissolubilmente i Grandi d’Argentina. Però stima reciproca sì, e soprattutto un’ammirazione sconfinata dello scrittore da parte del successore di Pietro. «Questo Papa è un fanatico di Borges », conferma ora in un’intervista a El País la vedova dell’eterno candidato al Nobel, María Kodama, che già due anni fa donò all’ex arcivescovo di Buenos Aires le opere complete dell’autore dell’ Aleph , sapendo di fargli il più gradito dei regali.
Una storia che risale a cinquant’anni fa esatti, quella del primo incontro tra uno scrittore già affermatissimo e idolatrato e un giovane sacerdote gesuita che insegnava psicologia, letteratura e arte nel Collegio dell’Immacolata Concezione a Santa Fe.
Jorge Mario Bergoglio aveva allora appena 28 anni e Jorge Luis Borges già 66. Distanza anagrafica, e anche geografica. Però qualcosa dev’essere scattato nella mente del Maestro, già quasi cieco, se decise di affrontare un duro viaggio di sei ore in autobus per dare qualche lezione di letteratura “gauchesca” a un gruppo di ragazzi dell’ultimo anno delle superiori. Migliaia di professori in tutta l’Argentina avrebbero fatto carte false per avere come loro ospite Borges. Però lui scelse Santa Fe. Ed è probabile che abbia ragione Jorge Milia, oggi scrittore e all’epoca alunno di Bergoglio (quindi testimone diretto di quell’incontro), quando sostiene che, oltre che dalla «dialettica e simpatia del suo giovane interlocutore», il Maestro può essere stato indotto ad accettare quell’invito dalla «possibilità dell’ineffabile incontro tra l’agnosticismo e la fede».
Del resto, come il futuro papa raccontò ai suoi biografi Sergio Rubín e Francesca Ambrogetti nel libro El Jesuita pubblicato cinque anni fa, sebbene fosse ateo Borges recitava il Padre Nostro tutte le notti «perché lo aveva promesso a sua madre» e che «al di là della sua distanza dalla Chiesa, sorprendeva la serietà e la dignità con cui viveva la sua esistenza». Da quell’incontro di Santa Fe nacque l’idea di un concorso di racconti. Vennero selezionati otto testi scritti dagli alunni del collegio e si pubblicò Cuentos originales , un libro che reca il prologo dello stesso Borges.
Se lo scrittore e il gesuita abbiano avuto occasione di rivedersi in seguito, a Buenos Aires, non è dato sapere. Però rimase la stima reciproca, quella sì. Così come non venne a mancare l’attenzione di Borges per i temi religiosi. Poco prima di morire, nel 1986, ne parlava con la moglie María Kodama, che però gli rispondeva di non poter rispondere alle sue domande, essendo pure lei agnostica. «Allora mi disse che avrebbe parlato con un sacerdote cattolico e un pastore protestante, in omaggio alla sua nonna inglese ». E così fece, prima di congedarsi da questo mondo.