giovedì 11 giugno 2015

Repubblica 11.6.15
Il tribunale di Francesco
La svolta di Bergoglio contro chi ha preferito insabbiare gli scandali
di Adriano Prosperi


LA NOTIZIA appartiene alla storia e alla vita della Chiesa come società estesa nel tempo e nello spazio, ma ha qualcosa da dire anche alla società italiana nel suo complesso e a coloro che la governano. Papa Francesco ha accolto tra le altre una proposta di quella Commissione per la tutela dei minori da lui voluta, dove siedono tra gli altri due membri che da bambini furono abusati da sacerdoti: l’istituzione del reato di “abuso di ufficio episcopale”. Ne sono colpevoli quei vescovi che, informati di abusi sessuali di preti su minori o persone deboli, non danno o non daranno corso adeguato alla denunzia. Ed è fortemente probabile che la norma verrà interpretata in senso retroattivo e potrà colpire anche quei vescovi che nel passato hanno insabbiato, taciuto o dato scarsa rilevanza alla notizia di tali reati nelle loro diocesi .
LO HA lasciato intendere il direttore della Sala stampa vaticana Padre Lombardi quando ha fatto presente che «la norma non nasce dal nulla» e che nel codice di diritto canonico ci sono già elementi in tal senso. La frase di Padre Lombardi è significativa: davvero non si può dire che la norma nasca dal nulla. È un conteggio di secoli, non di anni quello che ci vorrebbe per passare in rassegna i tanti e diversi esperimenti succedutisi nel tempo per mettere sotto controllo i comportamenti sessuali di un clero costretto dall’obbligo canonico del celibato a dare forme anomiche e spesso decisamente criminali allo sfogo degli istinti sessuali. Per le autorità ecclesiastiche il problema dominante è sempre stato quello di impedire che le debolezze della carne — quando la carne era coperta dall’abito talare — rovesciassero il discredito sull’intero corpo ecclesiastico. E se per lungo tempo la procedura segreta dei processi canonici risolse il problema, le cose cambiarono agli inizi dell’età moderna con la diffusione dell’informazione e delle satire a mezzo stampa e con la Riforma protestante. Allora la risposta papale fu quella di mettere nelle mani della Congregazione dell’Inquisizione Romana il caso dei preti che approfittavano del contesto della penitenza sacramentale per insidiare sessualmente chi andava a confessarsi. Fu inventato allo scopo il crimine che il cauteloso latino ecclesiastico definì di “sollicitatio ad turpia”, o “sollecitazione a compiere atti turpi”. Non funzionò: la solidarietà di corpo fece sì che i vescovi informati dei crimini del clero facessero orecchie da mercante. La misura odierna riporta di nuovo la materia sotto il controllo della Congregazione vaticana che ha preso il posto del Sant’Uffizio e che fu a lungo governata da Joseph Ratzinger. Infatti le denunzie del reato, da indirizzare alle Congregazioni per i Vescovi, per l’Evangelizzazione e per le Chiese Orientali, finiranno sul tavolo di una apposita sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede. C’è da sperare che stavolta le cose andranno diversamente rispetto a quando a metà ‘900 il cardinal Ottaviani, ultimo prefetto della congregazione del Sant’Uffizio, decise di chiudere sotto il coperchio di un segreto totale l’esame e il giudizio sui casi di violenza sui minori. Trasparenza ed efficacia di una giustizia non sospetta di ipocrisia e di connivenze clericali sono l’unica ed estrema possibilità per la Chiesa di risalire la china di un discredito che ha superato da tempo il livello di guardia. Da questa vicenda, esplosa con clamore all’inizio di questo millennio, l’intera struttura del corpo ecclesiastico cattolico ha ricevuto un danno enorme: né si vuol parlare qui della dimensione del costo dei risarcimenti nei processi che le diocesi hanno dovuto affrontare. Se c’è un delitto fra tutti repellente nella sensibilità profonda delle nostre culture è quello dell’abuso sui minori e sui deboli di ogni genere. È qui che si raccoglie ancora oggi il frutto di un seme evangelico. La condanna senza appello del Gesù dei Vangeli si è abbattuta così proprio su quel corpo ecclesiastico che ha celato sotto il mantello dei suoi privilegi chi ha abusato delle creature più indifese affidategli dalla fiducia della società. Lo choc è stato particolarmente forte nelle nazioni cattoliche: lo si è visto nel caso dell’Irlanda. Senza il precedente dello scandalo dei preti pedofili non si capirebbe il rivolgimento profondo che ha portato l’Irlanda cattolica al risultato clamoroso del referendum sul matrimonio delle coppie omosessuali. Ed è qui che noi italiani siamo costretti a misurare ancora una volta l’arretratezza di un Paese come il nostro, nominalmente cattolico ma dove su questi temi regna il silenzio del sistema dei media e spiccano nel confronto internazionale la pavidità e il servilismo filoclericale della classe politica tutta davanti a una questione che ci vede stazionare nelle ultime posizioni del mondo civile. Siamo costretti a sperare che venga dal papa l’impulso a cancellare l’intollerabile discriminazione che colpisce da noi le coppie omosessuali. Ma, del resto, che cosa possiamo aspettarci dal Paese dove il crocifisso è stato concordemente definito dalle autorità politiche ed ecclesiastiche italiane e dalla corte europea “un arredo” privo di significato religioso?