giovedì 11 giugno 2015

Repubblica 11.6.15
Burnout
Jan-Claude Delgénes
“È una patologia vera una legge sacrosanta”
intervista di Anais Ginori


PARIGI «ABBIAMO aperto un dibattito e finalmente si parla del burnout come malattia professionale». Jean-Claude Delgènes ha promosso un appello che ha raccolto oltre 10mila firme ed è tra gli ispiratori della legge presenta dal socialista Benoit Hamon in parlamento ancora in discussione. «Un progresso di civiltà per il nostro paese», spiega Delgènes, fondatore e direttore di Technologia, società specializzata nella prevenzione dei rischi del lavoro.
Perché serve una legge sul burnout?
«Noi preferiamo parlare di “esaurimento professionale”. Non ci sono statistiche ufficiale, né alcun piano di prevenzione nazionale. Siamo stati noi a Technologia i primi a pubblicare un rapporto nel quale abbiamo stimato oltre 3 milioni di persone a rischio. È una patologia in forte crescita anche altrove. Paesi come la Svezia o la Danimarca hanno già varato delle leggi apposite».
Quale prevenzione?
«È una malattia tipica dei periodi di crisi e di cambio dei modelli produttivi. L’esaurimento professionale è dovuto a due fattori: le nuove forme di organizzazione del management, e l’aumento dell’orario di lavoro, anche a casa o in vacanza, a causa delle nuove tecnologie. Si tratta di una malattia provocata dall’eccesso di sollecitazioni e aspettative professionali. Molte persone accettano queste condizioni perché sentono la precarietà che li circonda e hanno paura di perdere il posto. Siamo in un mondo professionale sempre più competitivo ».
Cosa dovrebbe fare lo Stato?
«Oggi il burnout viene considerato come una qualsiasi depressione, mentre ha cause e terapie diverse. Al livello normativo dobbiamo superare due difficoltà: riconoscere che esistono malattie professionali di origine psicologica, catalogandone i sintomi, e prevedere un tasso di invalidità collegato ».
Perché le imprese francesi sono contro la legge?
«Ovviamente ci sarebbe un impatto economico. Ma è proprio quello che noi chiediamo. Per avviare un cambio di mentalità nell’organizzazione del lavoro servono sanzioni collegate al burnout. Trent’anni fa c’erano ancora molti morti sul lavoro. In Francia oggi gli incidenti fatali sono pochissimi, proprio perché il datore di lavoro rischia di pagare tra i 250 e 280 mila euro per ogni vittima. L’attuale situazione è intollerabile. Non possiamo ignorare le persone che soffrono di esaurimento professionale, come fossero lebbrosi. Tutti gli psichiatri sono d’accordo: già il fatto di dare una definizione e un riconoscimento normativo potrà alleviare la loro sofferenza».