giovedì 11 giugno 2015

Repubblica 11.6.15
La trincea del Pd e il piano B sul sindaco: “Se esce altro si dimetterà”
Prima di decidere, i dem aspetteranno la relazione del prefetto Gabrielli che arriverà entro fine luglio
di Goffredo De Marchis


ROMA . Ignazio Marino non si tocca, è blindato, il Pd su questo argomento non può e non deve permettersi fratture e distinguo. La linea dunque non cambia, l’hanno decisa insieme Matteo Renzi e Matteo Orfini, il commissario di Roma. «Il sindaco ha portato le carte in Procura, ha aperto il Campidoglio alla Guardia di Finanza. La sua onestà è a prova di bomba». Ma intorno a Marino l’inchiesta esplode e le schegge si avvicinano pericolosamente alla giunta. Per questo, nelle ultime ore a Palazzo Chigi e Largo del Nazareno si ragiona, in linea teorica, di un piano B. L’ipotesi di far scivolare la situazione fino allo scioglimento per mafia va esclusa a priori. Sarebbe un danno d’immagine planetario, per di più alla vigilia del Giubileo. Tendendo le orecchie verso la Procura e verso la Prefettura, si anticiperà questo possibile catastrofico esito e solo a quel punto a Marino verrà chiesto, o meglio imposto, il passo indietro.
Orfini garantisce che nessuna delle ipotesi peggiori si realizzerà. «Non avrei fatto lo scudo umano se avessi avuto qualche dubbio». Le carte degli atti amministrativi che la commissione consegnerà lunedì al prefetto di Roma Franco Gabrielli sono state lette e spulciate da Orfini e da un pool di tecnici per verificare eventuali infiltrazioni. «Non ci sono, anzi sono state respinte dall’attuale amministrazione », ripete il presidente del Pd. Ci mette non la faccia ma la mano sul fuoco, più doloroso se dovesse sbagliarsi. Però tutto intorno all’inappuntabile e incorruttibile Marino, brucia il Pd e brucia il sistema della Capitale. Gabrielli ha fatto sapere che si prenderà tutti i 45 giorni che la legge gli assegna per leggere il migliaio di pagine in arrivo lunedì. In tutto questo periodo gli occhi del Pd e del governo saranno puntati sulla prefettura. Ma non basta. Cos’altro hanno in mano i sostituti guidati dal procuratore Giuseppe Pignatone? C’è il rischio che un avviso di garanzia per 416 bis (mafia) piombi dentro l’aula Giulio Cesare?
Il Pd ha deciso di resistere. Fare pulizia dentro di sè e quadrato intorno a Marino. Gianni Cuperlo ieri mattina Omnibus ha adombrato la possibilità che il sindaco sia costretto a dimettersi per poi ricandidarsi come uomo della discontinuità assoluta. Anche per non aprire una crepa nel fronte delicatissimo di Mafia capitale, l’ex presidente del Pd invita a risentire la registrazione: «Marino è la soluzione del problema non il problema. Se non ci sono novità deve andare avanti». Orfini giura che le novità non potranno essere negli atti amministrativi dell’attuale giunta. «Non esiste un solo passaggio che autorizzi a pensare di un’infiltrazione mafiosa in Campidoglio negli ultimi due anni». Viene letta con un sospiro di sollievo la dichiarazione del comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette. Il capo dell’Arma esclude «una contiguità del’organizzazione criminale con le cosche tradizionali ». Significa che al momento non si vedono elementi per lo scioglimento del Comune.
Il fenomeno è talmente vasto da rendere insufficienti anche i segnali positivi e sicuramente le parole del comandante generale rientrano nella categoria buone notizie in mezzo a una bufera di soli disastri. Orfini giura sulle delibere di Marino. Ma incombe il mare di intercettazioni ancora non rese pubbliche, quelle che giacciono nei cassetti di Piazzale Clodio. Nessuno al Pd può garantire che non esca altro. Per il momento, la linea non cambia. Pulizia totale nel Pd romano, strenua difesa di Marino da qualche gior- no però associato alla figura di Nicola Zingaretti. Una mossa che a messo sul chi va là alcuni. Perchè è chiaro che la regione e la giunta Zingaretti non sono lontanamente coinvolti al pari del Campidoglio. Quindi l’”accoppiamento” serve a rafforzare la blindatura. Durante la prima ondata di Mafia capitale non era successo. Largo del Nazareno stavolta ha sentito la necessità di un di più. Usando il governatore del Lazio per fare da scudo al sindaco. E per coinvolgere l’intero partito nella battaglia per contrastare la forza dell’inchiesta visto che Zingaretti non è vicino a Renzi, anzi è considerato dalla minoranza l’unica vera alternativa alla leadership del premier.
Dalla giunta arrivano segnali di tenuta. La figura di Alfonso Sabella, magistrato prestato all’assessorato per la legalità, funziona sul piano pratico per i suoi atti anticorruzione e sul piano politico per le insospettabili doti di resistenza. Il vicesindaco Luigi Nieri è finito nelle intercettazioni, ma secondo Orfini gli atti amministrativi dimostreranno semmai che anche lui ha respinto le infiltrazioni invece di agevolarle. Questo raccontano le delibere del Campidoglio dall’ascesa di Marino in qua.
Cosa abbia in mano la procura, che pure ha stabilito un collegamento diretto con Marino, rimane un mistero. Troppo grandi le ramificazioni, troppo profondo il marcio romano per essere sicuri al 100 per cento che non servirà un piano B.