martedì 9 giugno 2015

La Stampa 9.6.15
Donne, diritti e laicità: così in Turchia
i curdi hanno sconfitto Erdogan
L’Hdp di Demirtas ha portato 80 deputati in Parlamento e tolto la maggioranza all’Akp
di Marta Ottaviani


Sono 80 fra volti nuovi, promesse da mantenere e anche qualche storia drammatica alle spalle. Di certo, i curdi dell’Hdp sono stati la più grande sorpresa di queste elezioni e rappresentano al momento la realtà più dinamica della politica turca. Certo la più complessa, ancora da decifrare. Alla testa c’è lui, Selahattin Demirtas, avvocato, 42 anni, proveniente da una povera famiglia dell’Anatolia Centrale. Intervistato da La Stampa lo scorso anno, quando a sorpresa si era candidato alle elezioni presidenziali, conquistando un lusinghiero 10%, aveva detto che stava lavorando a un progetto politico nuovo, capace di attirare i voti anche dei turchi, non solo dei curdi.
Partita vinta
Ha vinto la sua scommessa, sfiorando il 13% e conquistando 80 seggi alla Tbmm, la Grande Assemblea Nazionale Turca. Una campagna elettorale, la sua, giocata con un’intelligenza e un tatticismo senza pari. Sempre con una candidata donna a fianco, impermeabile alle provocazioni, anche a quelle che hanno toccato direttamente la vita privata. Durante un talk-show gli è stato ricordato come il fratello, Nurettin, sia accusato di essere un guerrigliero del Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Il leader curdo non ha fatto una piega, ha spiegato di avere fatto una scelta diversa ed è andato avanti a parlare del suo programma, ricordando a margine che l’organizzazione separatista da mesi contribuisce alla protezione del confine con la Siria, ormai luogo di passaggio prediletto di terroristi jihadisti di ogni specie e nazionalità.
Il «metodo Demirtas» ha funzionato, anche dove alla vigilia si pensava che fosse impossibile. Fra le due province dove i curdi hanno rubato consensi all’Akp di Erdogan ci sono Gaziantep e Sanli Urfa, località dove fino a due giorni fa l’autorità di Recep Tayyip Erdogan era indiscussa. A giocare sullo scivolone degli islamici sempre meno moderati, c’è lo spettro dell’assedio di Kobane, la cittadina curda in territorio siriano, che Isis aveva occupato.
La battaglia di Kobane
La Turchia in quell’occasione aveva deciso di rimanerne fuori, nonostante le pressioni interne sfociate poi in una guerriglia urbana costata 40 morti in quattro giorni. Il presidente Erdogan aveva dichiarato che era inutile intervenire perché tanto non sarebbe stata liberata. «Doveva perdere Kobane, a queste elezioni ha perso lui» hanno dichiarato a La Stampa, con una evidente punta di sarcasmo, uomini vicini a Demirtas.
Il ruolo delle donne
La prima parte della scommessa è stata vinta. Il resto della storia è ancora tutto da scrivere. Di certo, nelle candidature, il coraggio non gli è mancato, soprattutto in quelle femminili. C’è Leyla Zana, ormai inossidabile passionaria della causa curda per eccellenza e ben nota agli ambienti europei, che Demirtas sembrerebbe avere intenzione di corteggiare con particolare assiduità. Ma nelle liste dell’Hdp, ci è finito veramente di tutto, a partire dalle figlie d’arte, come Dilek Ocalan, nipote del più celebre Apo, ancora oggi guida spirituale indiscussa (per alcuni purtroppo) dei curdi in Turchia, per continuare con deputati yazidi, e anche uomini vicini agli ambienti religiosi islamici.
Segno che questo partito curdo vuole mantenere la più alta trasversalità possibile, dove la parola d’ordine è «diritti», che però potrebbero avere qualche difficoltà ad affermare in parlamento.