La Stampa 6.6.15
Ue, rischia di saltare l’accordo sui migranti
Il piano “d’emergenza” doveva essere effettivo a fine mese, ma i Paesi del no frenano aiutati da un cavillo giuridico
di Marco Zatterin
«Un accordo a metà mese è impossibile», dice secca una fonte del Consiglio, il conclave dei governi a dodici stelle.
La condanna che pronuncia è per il piano del 27 maggio con cui la Commissione ha proposto agli stati dell’Ue una redistribuzione obbligatoria, temporanea e d’emergenza, dei migranti che hanno diritto alla protezione internazionale: 40 mila in due anni, 24 mila dall’Italia, 16 mila dalla Grecia. «Siamo d’accordo sulla solidarietà - aggiunge -, però emerge un vizio istituzionale».
C’è che i ventotto leader in aprile hanno parlato di meccanismo volontario e «questo non lo è». Pertanto, spiega il diplomatico, «bisogna tornare dai capi di Stato e di governo» che si vedono il 25-26 giugno. E dunque è difficile ci sia il tempo per avviare la ripartizione dal primo luglio, come invece si era immaginato.
La solidarietà non basta
È minaccia seria. Le fonti della presidenza di turno lettone non confermano, né smentiscono, il che rappresenta una dimostrazione implicita della tesi. La proposta del Team Juncker si è spinta parecchio avanti nel tentativo di stabilire un principio - quello della solidarietà accoppiata alla responsabilità - su cui basare una politica comune dell’Immigrazione che l’Ue non ha mai avuto. Punta a far sì che ognuno faccia la sua parte, nel ricevere, controllare e respingere, anche a costo di obbligare le capitali. Le quali, in buona parte, non sono d’accordo.
I quarantamila da ridistribuire - non clandestini, ma gente che arriva da terre dove non può tornare - dovrebbero essere per lo più siriani ed eritrei. Il meccanismo stabilisce delle «quote» basate su pil, popolazione, occupazione, gli impegni di accoglienza precedenti. In parallelo, la manovra prevede il rafforzamento della missione mediterranea Triton, così da farla somigliare a una Mare Nostrum pagata dall’Ue, nonché un consolidamento dei controlli in entrata, fatti dall’Italia con l’aiuto dei partner. Il calendario prevede che la proposta sia approvata dai ministri degli Interni che si vedono a Lussemburgo il 15-16 giugno, e poi benedetta dal leader dieci giorni più tardi.
Le ragioni dello stop
«Non andrà così», assicura la fonte diplomatica. Un gruppo di ragioni è politico, unisce i Paesi che non vogliono meccanismi obbligatori (come Ungheria, baltici e Slovacchia), quelli che contestano i criteri di ripartizione (Spagna, Lussemburgo e Belgio), quelli titubanti sull’impianto per varie ragioni (Francia).
L’altro è giuridico, riguarda l’orientamento del consiglio: stati come Portogallo, Repubblica ceca, Finlandia sostengono che i leader non hanno detto «solidarietà obbligatoria», quindi il piano della Commissione non va bene. A meno che il vertice Ue stesso non lo approvi.
L’impressione di una fonte Ue è che si slitterà «da luglio a settembre». Un diplomatico di un Paese che sostiene la ripartizione vincolata accusa la presidenza lettone. Ritiene che il modo in cui si è preparato il dossier sta impedendo la soluzione. «Una sola riunione degli ambasciatori non basta», lamenta, lasciando intendere che il destino è segnato. Un cattivo segno? «In fondo - continua il favorevole -, se si afferma un principio di solidarietà preciso, va bene anche in ritardo». A vederla in prospettiva, non è sbagliato. Ma lì per lì molti cittadini penseranno d’essere stati presi in giro.